Corruzione, sì definitivo della Camera. Pdl: Al Senato va cambiato

Il voto della Camera – Con 354 sì, 25 no e 102 astenuti, il ddl sulla corruzione ha ottenuto oggi il via libera definitivo alla Camera.
Hanno votato a favore Pd, Pdl, Udc, Fli e Api, mentre i voti contrari sono stati quelli di Grande Sud e Italia dei Valori. Astensione invece per Lega, alcuni deputati del Pdl, Radicali e Popolo e Territorio.
Il testo ora passa al vaglio del Senato per il sì definitivo, ed è lì che probabilmente il partiti faranno maggiore pressione per ottenere qualche cambiamento.

I commenti dei partiti – Il Pdl ha votato a favore alla Camera, ma non mancheranno sorprese per quanto riguarda il Senato, dove la riforma dovrebbe essere cambiata, come ha ricordato Cicchitto durante le dichiarazioni di voto: “Faremo di tutto per cambiare il ddl sulla nuova concussione e sulle influenze. Come dice il proverbio, uomo, o meglio donna, avvisata è mezzo salvata. Non porti emendamenti con la fiducia, se no voteremo contro“.
Anche dall’Udc si parla di riforma “migliorabile”, mentre per per Dario Franceschini, “è chiaro che anche il Pd avrebbe voluto migliorare il ddl, ma è già una rivoluzione parlare oggi in Aula con gli stessi numeri che si avevano con il governo Berlusconi di materie come questa. Fino a otto mesi fa, vorrei ricordare, si parlava di processo breve e di leggi ad personam“.
Duro il commento di Antonio Di Pietro, che più volte è stato richiamato dal presidente della Camera, Gianfranco Fini: “Il governo e la maggioranza di stanno fregando l’opinione pubblica con una legge pro corruzione. Ai parlamentari non gliene frega niente della lotta alla corruzione”.

La questione “incandidabili” – Il testo contiene norme che riguardano l’impossibilità di candidare chi ha subito condanne definitive, ma la legge delega del governo non ha avuto fin ora alcun riscontro per quanto riguarda la partenza, che rischia così di slittare alle prossime elezioni politiche del 2018, a meno che il governo non intervenga subito. Ed è ciò che è stato richiesto nell’ordine del giorno a firma di Dario Franceschini. L’ordine del giorno, di fatto, chiede al governo di intervenire ancor prima delle prossime elezioni del 2013.  
Matteo Oliviero