La “politica di sviluppo” pensata per la Cambogia dal governo del premier Hun Sen al potere dal 1985 è diventata un incubo per interi villaggi. La decisione presa è stata quella di radere al suolo tutti gli edifici per lasciare spazio a centri commerciali, a palazzi più alti e lussuosi che nascono uno dopo l’altro sulle ceneri delle abitazioni dei poveri cittadini e che vengono venduti per arricchire il regime assolutista a imprenditori o multinazionali straniere. L’esasperazione degli espropriati è alle stelle, da sempre sono avvenuti espropri illegittimi ma Amnesty International e Human Right Watch hanno denunciato oltre a questo una crescente violenza da parte della polizia, tacitamente autorizzata, nei confronti delle molte manifestazioni.
Le case cadono come castelli di carta l’una dietro all’altra, in pochi riescono in tempo a sottrarre i propri averi prima di vedere l’abitazione di una vita crollare, le madri manifestano continuamente e sempre continuamente entrano ed escono dal carcere. Vanny, la portavoce del movimento di protesta, racconta intervistata dai giornalisti: “ogni volta che esco per una manifestazione non so mai se tornerò a casa dai figli”. Come lei altre 5 delle 13 donne arrestate sono in sciopero della fame, sono state arrestate il 24 maggio e condannate a 24-30 mesi di carcere per occupazione illegale di terre con un processo sbrigativo e senza avvocato difensore.
Irene Fini