Chiara Galiazzo a Sanremo: accoglienza controversa, arrivano le critiche della Vanoni

Sebbene fino a pochi mesi fa fosse una perfetta sconosciuta, Chiara Galiazzo è una delle interpreti più attese di Sanremo 2013. La sua (stra)vittoria nella sesta edizione di X Factor, coronata da un ampio consenso e dalla benedizione di Mina, è un ottimo biglietto da visita per la sua partecipazione al Festival. Tanto più che si ha l’impressione (o la speranza, viste le doti vocali) che la sua non sia destinata ad essere la classica carriera di una meteora. L’accoglienza della stampa all’anteprima dei brani in gara a Sanremo, tuttavia, è stata controversa: Gino Castaldo di Repubblica l’ha promossa e apprezzata, ma l’ha poi bollata con un 6; Andrea Laffranchi del Corriere della Sera ha dato un 7 al brano “L’esperienza dell’amore” (scritto per Chiara da Federico Zampaglione dei Tiromancino) e 6 a “Il futuro che sarà” (scritto per lei da Francesco Bianconi dei Baustelle). In generale, l’accoglienza per i suoi brani non va oltre un tiepido apprezzamento: Jannacci di Libero apprezza le sue doti ma ne riduce le possibilità di successo al contributo del televoto; Vacalebre del Mattino la liquida con un “se la cava” e la Venegoni de La Stampa non sembra esaltarsi per i suoi due brani.

Le polemiche della Vanoni – La partecipazione di Chiara era già stata sotto il fuoco incrociato di alcuni ex-concorrenti di X Factor (purtoppo per loro, già caduti nel dimenticatoio). A rinfocolare la polemica, stavolta, ci ha pensato una veterana della musica italiana: Ornella Vanoni. “Farla partecipare subito a Sanremo tra i Big e non tra i giovani è un errore“, ha affermato domenica la Vanoni al Gazzettino di Padova, prima di lanciarsi nell’ennesima – ormai banale – invettiva contro i talent: “I talent show – ha dichiarato la cantante – sono la rovina della musica e non solo in Italia. Chi vince Amici viene pagato più di cantanti che hanno fatto la musica italiana. Non c’è rispetto, solo all’estero sono onorati e felici di invitarmi“. Insomma, la meritocrazia c’entra ben poco nella riflessione della Vanoni: il problema sembrano essere solo i gettoni di presenza e i cachet. Sarà forse questo il vero motivo dell’avversione che i dinosauri della musica italiana nutrono per i talent show?