Primo week end di passione per il Movimento 5 Stelle. L’elezione di Pietro Grasso al Senato – agevolata da una decina di senatori 5 Stelle – ha dato il là a uno scontro a distanza con Beppe Grillo che, in nome della trasparenza, ha chiesto ai parlamentari che hanno votato l’ex procuratore nazionale Antimafia di auto-denunciarsi e di agire di conseguenza. Un obliquo invito a dimettersi, che ha acceso il dibattito all’interno del movimento e nella Rete, con i detrattori della prima ora svelti nel condannare i metodi dell’ex comico.
La versione di Beppe – “Nella votazione per la presidenza del Senato è mancata la trasparenza. Il voto segreto non ha senso, l’eletto deve rispondere delle sue azioni ai cittadini con un voto palese. Se questo è vero in generale, per il Movimento 5 Stelle, che fa della trasparenza uno dei suoi punti cardinali, vale ancora di più. Per questo vorrei che i senatori del M5S dichiarino il loro voto”. A poche ore dal verdetto che ha ufficializzato la vittoria di Pietro Grasso al Senato, Beppe Grillo ha sentito il bisogno di dire la sua. All’animatore del Movimento 5 Stelle non è, infatti, piaciuta la condotta di quei senatori (10, ma forse 12) che, per scongiurare la vittoria di Renato Schifani (in ballottaggio con Pietro Grasso), hanno deciso di disattendere la linea del gruppo (quella dell’astensione) e di votare per l’ex magistrato.
Contro il regolamento – “Nel Codice di comportamento eletti Movimento 5 Stelle in Parlamento, sottoscritto liberamente da tutti i candidati – ha ricordato Grillo sul suo blog – al punto Trasparenza è citato: votazioni in Aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S. Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo, ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze”. Il ragionamento del genovese è semplice: tutti coloro che, contrariamente a quanto stabilito nel corso della riunione che ha preceduto lo scrutinio finale al Senato, hanno scelto di votare per Grasso, devono allontanarsi dal movimento perché non hanno tenuto fede a quanto prescritto nel Codice comportamentale.
Crimi 1 – Ma cosa si è stabilito nella riunione tra i 5 Stelle convocata sabato pomeriggio in una sala di Palazzo Madama prima di rientrare in Aula? I cronisti raccontano di un vertice particolarmente vivace (con tanto di urla e pugni sul tavolo), che non avrebbe sortito un risultato condiviso. Tanto che, a conclusione di tutto, quando il capogruppo Vito Crimi ha affidato a un video il resoconto della sfiancante giornata parlamentare: “Il gruppo è uscito all’unanimità con un’unica speranza – ha spiegato – la non rielezione di Schifani. Questa è stata la coerenza del gruppo”. Nessuna condanna, dunque, per quei colleghi che hanno sentito il bisogno di scrivere il nome di Pietro Grasso sulla scheda. Ma la domenica deve aver portato il capogruppo dei senatori 5 Stelle a formulare diverse considerazioni.
Crimi 2 – “Alcuni di noi hanno scelto di votare Grasso – ha scritto ieri su facebook – Questo atto è sicuramente una violazione del regolamento del nostro gruppo parlamentare, confermo quanto scritto da Beppe Grillo, e chi viola il regolamento del gruppo automaticamente si può ritenerne escluso. Ma non me la sento, in questo caso specifico – ha continuato Crimi – di crocifiggere o mettere alla gogna chi ha fatto questa scelta, sia perché è stato il primo vero appuntamento con questa realtà, sia perché ho vissuto, in prima persona, come è maturata in alcune persone questa scelta”.
Dentro la trappola – “Siamo caduti in una trappola, è inutile nasconderlo, dei vecchi volponi della politica – ha spiegato il capogruppo del M5S al Senato – Due foglie di fico, presentabili meglio di altre, con le quali hanno cercato di metterci, in particolare al Senato, di fronte ad un ricatto morale, che ci poneva nelle condizioni di essere determinanti per una eventuale rielezione dell’impresentabile Schifani”. “Avremmo dovuto capirlo subito – ha riconosciuto Vito Crimi – ma noi siamo così, ingenui, entusiasti. Pensiamo di poter scalare l’Everest con le infradito. Sono sicuro che ce la faremo prima o poi – ha concluso – ma forse abbiamo bisogno di allenamento”.
Niente isterismi – A esasperare ulteriormente gli animi, il dibattito scoppiato su internet (con coloro che avallano la tesi di Grillo e parlano di “traditori” e coloro che, al contrario, plaudono alla scelta responsabile dei “dissidenti”), e le prime reazioni dei diretti interessati. Come quella di Francesco Molinari: “A Grillo dico di stare sereno – ha scritto su facebook il neo parlamentare – non c’è nessun traditore. Il M5S al Senato è unito: nessuna alleanza, nessuna fiducia. Meno reazioni isteriche e più fiducia”. Mentre Giuseppe Vacciano ha deciso di fare “coming out” , mettendo le sue dimissioni a disposizione del gruppo: “Nessuno mi ha fatto proposte, offerte o ha tentato di comprare il mio voto – ha scritto ieri il “grillino” che ha ammesso di aver votato Grasso – Nessuno, se non me stesso e la mia coscienza, è responsabile della mia scelta”.
Pronto a dimettersi – “Mi rendo conto che questa mia posizione, pur non rappresentando in alcun modo un’apertura di credito a chicchessia – ha precisato il senatore 5 Stelle – può creare danni al movimento, e dato che persone migliori e più preparate di me possono prendere il mio posto senza alcun problema, lunedì e martedì sarò a Roma per discutere l’opportunità delle mie dimissioni“.