Margherita Hack è morta all’età di 91 anni e di certo di sé non ha lasciato solo atomi di idrogeno come lei stessa, da atea convinta, sosteneva. È stata la prima donna a dirigere un osservatorio e per 28 anni è stata titolare della cattedra di astronomia all’Università di Trieste. Impegnata su più fronti, Margherita Hack ha saputo divulgare idee e cultura in modo singolare, soprattutto riguardo alla sua materia non facile da comprendere. Le sue opere più note, Una vita tra le stelle (1995) e L’amica delle stelle (1995) sono anche la sua autobiografia, mentre Io credo. Dialogo tra un’area e un prete, è il suo ultimo e recente lavoro. Margherita Hack non credeva in Dio né nel destino e la sua visione epicurea della vita non le dava speranza alcuna di una realtà diversa dal nulla dopo la morte.
Una considerazione sulla morte di Margherita Hack, l’astrofisica atea con una grande anima
“Credo che le mie molecole resteranno, l’atomo di idrogeno è praticamente immortale, ha una vita lunghissima, quindi le particelle che compongono il mio corpo sopravvivranno. Non sarò più io, le mie molecole si sparpaglieranno nell’atmosfera terrestre, serviranno a costruire altre persone, altri oggetti, chissà. Comunque io non ci sarò più. (…)”. Margherita Hack non c’è più, non c’è più la sua voce con l’accento fiorentino con la quale riusciva a semplificare anche i concetti più difficili, non c’è più il suo sorriso canzonatorio e rassicurante di chi ha fatto della scienza la sua fede, ma resta tutto ciò che ha trasmesso, come donna, come scienziata e persino come atea con una grande anima.