Antefatto: lo scorso 28 giugno, la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha ricevuto il segretario della Fiom, Maurizio Landini, e una delegazione di lavoratori della Fiat. L’incontro ha spinto l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, a contattare tempestivamente la terza carica dello Stato per invitarla a visitare lo stabilimento Fiat in Val di Sangro. “Precedenti impegni istituzionali non mi consentiranno di accogliere l’invito”, ha risposto ieri la Boldrini con una lettera resa pubblica, nella quale non ha lesinato oblique “stoccate” al manager italo-canadese.
Nella missiva inoltrata a Marchionne, la presidente della Camera è partita dalla drammatica situazione nazionale: “Per ogni fabbrica che chiude e per ogni impresa che trasferisce la produzione all’estero – ha osservato – centinaia di famiglie precipitano nel disagio sociale e il nostro sistema economico diventa più povero e più debole nella competizione internazionale”. “Siamo consapevoli che bisogna invertire quanto prima questa tendenza – ha sottolineato la Boldrini – e ognuno di noi può fare qualcosa di utile. La politica, certamente, ma anche il mondo sindacale e quello imprenditoriale. Tutti – ha scritto la terza carica dello Stato – siamo chiamati a sfide nuove”.
“Lei concorderà che le vecchie ricette hanno fallito e che ne servono di nuove – ha continuato nella lettera inviata a Marchionne – Affinché il nostro Paese possa tornare competitivo, è necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell’innovazione, tanto dei prodotti quanto dei processi. Una via che non è affatto in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro – ha evidenziato la presidente della Camera – che potremo avviare la ripresa”.
Le parole fermate sulla carta da Laura Boldrini sono state lette da molti come un’obliqua critica alle politiche industriali promosse dall’ad del Lingotto, che ha spesso ingaggiato “bracci di ferro” particolarmente duri con le sigle sindacali (Fiom in primis). Da qui il sospetto che quella dei “precedenti impegni istituzionali” altro non sia se non la scusa a cui la “vendoliana” si sarebbe aggrappata per evitare l’incontro con Sergio Marchionne.