Calderoli e gli altri: continuano gli insulti alla Kyenge

Kyenge

 

Le odiose parole che Roberto Calderoli ha rivolto qualche giorno fa al ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, hanno raccolto anche ampi consensi. L’assessore leghista del Comune di Coccaglio (Brescia), Agostino Pedrali, ha infatti pensato di postare sulla sua bacheca facebook un foto-collage in cui ha accostato l’immagine in primo piano della politica congolese a quella di una scimmia corredando il tutto con la scritta: “Separate alla nascita”.

Le reazioni sul Web sono state furiose, ma a indignarsi di più è stato il consigliere regionale lombardo del Pd, Gian Antonio GirelliMaroni ha le sue responsabilità per queste sparate – ha detto – perché non ha obbligato Calderoli alle dimissioni e ha implicitamente derubricato le frasi razziste a semplice marachella. Con la sua indulgenza su Calderoli – ha rimarcato il democratico – Maroni ha di fatto dato la stura alle posizioni più becere. Con il razzismo non si scherza, occorrono provvedimenti esemplari, non finte retromarce”.

In effetti il segretario federale del Carroccio ha tentato in ogni modo di spegnere frettolosamente le polemiche innescate dalle offese che il vicepresidente del Senato ha destinato al ministro dell’Integrazione. E ha giudicato le pubbliche scuse che Calderoli ha rivolto alla Kyenge sufficienti ad archiviare il caso. La sua “indulgenza” ha suscitato la reazione stizzita del premier Enrico Letta che, in più occasioni, ha detto invece di considerare le dimissioni di Calderoli un atto dovuto e necessario. Che però non è arrivato.

Ad arrivare è stata, invece, l’accusa di diffamazione aggravata dall’odio razziale formulata contro Calderoli dalla procura di Bergamo, che ha aperto un fascicolo per verificare se esistono profili penali imputabili all’esponente del Carroccio. L'”attenzione” di cui Cecile Kyenge è spesso destinataria tra i leghisti ha (sciaguratamente) coinvolto anche una donna.

Qualche mese fa, l’ex consigliera di quartiere di Padova, Dolores Valandro, contrariata dall’ennesima esternazione del ministro sullo ius soli aveva, infatti, scritto su facebook: “Mai nessuno che se la stupri…”. Parole inqualificabili, che le sono costate una condanna a un anno e un mese per il reato di istigazione a commettere atti di violenza sessuale per motivi razziali.