Letta incontra il Pd: Nessuna alternativa a questa maggioranza

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In un incontro con il gruppo dei deputati del Pd, il premier Enrico Letta ha ieri sottolineato l'”inevitabilità” del suo percorso di governo. “Non c’è alternativa politica a questa maggioranza, e nemmeno il voto lo è”, ha affermato. Cito Moro – ha continuato il capo del governo per rendere più convincente il suo ragionamento – questo è il tempo che ci è dato, abbiamo la responsabilità di dare risposte alle esigenze di questo tempo”.

Non solo: focalizzando l’attenzione sul suo partito – che deve essere “costruito” in modo da evitare nuovi “inciampi”, come quello verificatosi in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica – Enrico Letta ha ammonito: “Basta fare i fighetti. Cercare l’applauso individuale con un tweet o su facebook non basta più”. “Partito e governo sono sulla stessa barca – ha marcato il premier – Se falliamo, saremo travolti tutti insieme e con noi l’Italia”.

“Dobbiamo essere più aggressivi sulle riforme costituzionali e rimandare al mittente le accuse – ha aggiunto Letta con evidente riferimento all’ostruzionismo annunciato dal Movimento 5 Stelle – Stiamo cercando di rendere la Costituzione più moderna. Abbiamo un sistema che non decide e dobbiamo rivendicare che al Senato è stato già approvato il ddl di istituzione della commissione”.

“Io ce la metto tutta e penso che ce la possiamo fare – ha continuato il presidente del Consiglio – E non dico soltanto il governo o soltanto il Pd, che sarebbe già tanto, ma tutti. Se non ci fermiamo davanti alla prima difficoltà, ce la possiamo fare”. “Adesso siamo in montagna, ma se portiamo a termine quel che abbiamo messo in moto, a cominciare dal pagamento dei debiti della Pa – ha concluso Letta – a fine anno vedremo la pianura”.

A fare da “controcanto” all'”assolo” del premier è stato, tra gli altri, il “renziano” Paolo Gentiloni, che ha stigmatizzato l’overdose di “compromessi” (molti dei quali, a suo giudizio, evitabili) che il partito ha dovuto sopportare per non “guastare” la faticosa alleanza col Pdl. E in mattinata, era stata anche Rosy Bindi a dare voce al suo personale scontento: Il presidente del Consiglio non deve chiedere al Pd prove di sangue tutte le mattine – ha tagliato corto la democratica – Nessuno gli nega il sostegno, ma deve lasciare che il partito svolga la sua fase congressuale e la sua elaborazione di cambiamento perché non conviene a nessuno che, una volta finita questa fase di necessità – ha sottolineato Rosy Bindi – ci siano le macerie delle forze politiche”.