A voler essere cattivi si potrebbe scrivere che, in presenza del premier Enrico Letta, si è optato per l’ennesimo rinvio. La Direzione del Pd convocata ieri a Roma (a cui hanno preso parte tutti i “big” del partito, compreso il presidente del Consiglio appunto) si è, infatti, risolta con un nulla di fatto che ha spalancato la porta a nuove tensioni interne.
I nodi da sciogliere riguardano, innanzitutto, il congresso e l’elezione del prossimo segretario: le proposte sono state così tante e così discordanti tra loro da imporre un rinvio a mercoledì prossimo, quando al “traghettatore” Guglielmo Epifani spetterà il non facile compito di tirare le fila di un dibattito quanto mai acceso. La discussione avviata ieri in Direzione ha finito, infatti (se possibile) per esacerbare le già nette divisioni interne e per esasperare gli animi di tutti.
Innanzitutto: chi eleggerà il prossimo segretario del partito? A ufficializzare la loro candidatura sono stati, fin qui, il “dalemiano” Gianni Cuperlo e il “dissidente” Pippo Civati, mentre Matteo Renzi sta prendendo tempo in attesa di conoscere le regole. A far discutere animatamente sono state le parole di Dario Franceschini, che ha sostanzialmente proposto di riservare alla sola platea degli iscritti al partito la facoltà di eleggere il nuovo segretario democratico.
La sua proposta – tutt’altro che inclusiva – ha avuto il merito di scontentare un po’ tutti: da Cuperlo e Civati a Matteo Renzi, passando per Rosy Bindi e la pattuglia dei cosiddetti “giovani turchi”. Tra i commenti più velenosi, quello del “renziano” Roberto Giachetti: “Franceschini troppo spregiudicato – ha ironizzato su twitter – mi limiterei a far votare solo dipendenti Pd e staff dei ministri”.
E poi ancora: quando si svolgerà il congresso che dovrà definire le regole della competizione? “Anche se non mi spetta – è intervenuto ieri il segretario Guglielmo Epifani – la mia indicazione è di fare il congresso entro novembre, convocando per il 14 settembre l’assemblea che proclamerà l’assise dei democratici”. “Serve una figura di segretario rivolta all’impegno prevalente del partito”, ha aggiunto poi lo stesso Epifani che si è, dunque, apertamente schierato a favore della distinzione tra la figura del segretario e quella del candidato premier.
Su quest’ultimo punto, le divergenze con il sindaco di Firenze sono profondissime. Matteo Renzi auspica, infatti, da tempo che – in ossequio alle regole vigenti dello Statuto – il nuovo segretario del Pd possa aspirare a candidarsi alla presidenza del Consiglio. Le parole pronunciate ieri da Epifani – e “benedette” da molti dirigenti democratici – sembrano però prefigurare uno scenario del tutto diverso che potrebbe spingere l’ex “rottamatore” (“blindato” nel suo silenzio stampa) a chiamarsi fuori dai giochi.
A concludere i lavori è stato il premier Enrico Letta, che ha tentato di compattare il partito appellandosi a una coesione ancora troppo latente: “Se siamo uniti, non ci batte nessuno”, ha detto il presidente del Consiglio, disegnando smorfie di diffusa incredulità sui volti dei democratici presenti.