Che Enrico Letta non stia dormendo sogni tranquilli è una ovvietà che non merita di essere ulteriormente attenzionata. Il verdetto emesso dai giudizi della Corte suprema di Cassazione, che hanno riconosciuto la colpevolezza di Silvio Berlusconi, ha fatalmente investito anche il governo costringendo il premier a esercitarsi con supposizioni tutt’altro che confortanti.
I rumors riferiscono di una telefonata che lo stesso presidente del Consiglio avrebbe fatto a Silvio Berlusconi ieri sera per testimoniargli la sua vicinanza umana. Ma ai ministri pidiellini che compongono la sua squadra di governo, Letta starebbe insistentemente chiedendo di chiarire l’orientamento e di snudare le intenzioni prossime future. La sensazione è che il suo esecutivo sia legato a un filo (manovrato dal Cavaliere) e che la possibilità che precipiti rovinosamente, vinto dai venti del post-condanna, si faccia sempre più robusta.
Per quanto, nelle occasioni pubbliche, il premier tenti sempre di tradire cauto ottimismo: “Il Paese ha bisogno di essere governato e non considero che il logoramento faccia parte degli interessi del Paese – ha detto ieri ai giornalisti incontrati dopo il Cdm – Io spero prevalgano gli interessi generali, non quelli di parte, e sono convinto che questo accadrà”.
“Sono consapevole che il momento è delicato – ha ammesso Enrico Letta – ma prima di tutto viene l’Italia”. Più preoccupate, invece, le considerazioni consegnate ai parlamentari di Scelta Civica e Udc incontrati nel pomeriggio, coi quali si sarebbe intrattenuto a ragionare su una possibile caduta del governo. “Sarebbe un delitto non andare avanti perché il lavoro comincia a dare i suoi frutti e i risultati sono a portata di mano – avrebbe detto il premier – Sarebbe un delitto se tutto si fermasse malamente”.