Al neo presidente della Giunta per le Immunità del Senato, il “vendoliano” Dario Stefàno, è toccata la “patata” più bollente che si potesse immaginare: decidere sulle sorti politiche del personaggio che, per quasi 20 anni, ha diviso l’Italia.
La pressione sul lavoro che la Giunta da lui presieduta si accinge a intraprendere è altissima, ma l’esponente di Sel non sembra subirla troppo. “Occorre distinguere ed evitare di fare confusione sui ruoli – ha dichiarato ieri Stefàno – l’esecuzione della pena detentiva non è competenza della Giunta, trattandosi di sentenza definitiva. Ciò chiarito, non ritengo opportuno che io entri nel merito di altri aspetti quali la grazia, gli arresti domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali di competenza di altri organi dello Stato”.
“In relazione a eventuali future competizioni elettorali di Silvio Berlusconi, invece – ha spiegato il presidente della Giunta di Palazzo Madama – per i prossimi 6 anni gli Uffici elettorali non potranno ricevere la candidatura a causa dell’incandidabilità prescritta dal Decreto 235 del 31 dicembre 2012 (la cosiddetta ‘legge Severino’ che prevede l’incandidabilità per chiunque venga condannato a una pena superiore ai due anni di reclusione, ndr), a meno che non intervenga una riabilitazione, su richiesta dello stesso Berlusconi, che è però inimmaginabile – ha messo in chiaro il senatore di Sel – prima di almeno 2 anni”.
“Quanto alla decadenza da senatore della XVII legislatura – ha spiegato ancora Stefàno – la decisione finale spetterà all’Assemblea del Senato, e non potranno esserci ‘salvacondotti’ provenienti dall’esterno”. Dunque neanche un’eventuale “grazia” potrebbe evitare al Cavaliere di uscire definitivamente dal Parlamento.
Le cose per il presidente del Pdl sembrerebbero, insomma, mettersi male. Anche alla luce della dichiarazione rilasciata ieri dal capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda: “Il temporeggiamento è la strada sbagliata specie su un argomento così delicato su cui anche la legge richiede una tempestività estrema – ha detto riferendosi al “caso Berlusconi” – E poi c’è la legge Severino, votata anche dal Pdl, che prevede in maniera molto chiara la decadenza quando si è condannati a una certa pena, e la condizione di Berlusconi – ha sottolineato il democratico – corrisponde a questa fattispecie e quindi porta alla decadenza”.
Ma è proprio sulla “legge Severino” che il “ghota” riunito nella villa di Arcore per confortare il Cavaliere starebbe concentrando le proprie attenzioni, alla ricerca spasmodica di “cavilli” su cui fare perno per allungare quanto meno i tempi della discussione e rimandare di riflesso la decisione finale (che dovrebbe arrivare a settembre). Tra i più agguerriti, Maurizio Gasparri: “La legge Severino si dovrebbe applicare a fatti avvenuti dopo l’approvazione della legge“, ha dichiarato ieri, e dunque non coinvolgere la condanna del “capo” del centrodestra. Chi la spunterà?