Caso Berlusconi: tra Letta e Alfano posizioni distanti

Enrico Letta e Angelino Alfano

 

La giornata politica di Enrico Letta era ieri iniziata a Vienna, dove il premier delle “larghe intese” aveva tentato di smerciare un’immagine quanto più ottimistica possibile del futuro italiano. A chi lo ha inevitabilmente interpellato sui venti di crisi che sembrano spirare su Palazzo Chigi: “Sarebbe paradossale – aveva spiegato nel corso di una conferenza stampa seguita all’incontro con il cancelliere austriaco Werner Faymann – se l’Italia che ha tenuto duro nei momenti più duri della crisi, adesso che può avvicinarsi alla ‘terra promessa’, finisse dentro questioni di politica interna”. “Confido nella responsabilità di tutti – aveva continuato il presidente del Consiglio – Sono convinto che ciascuno farà la sua parte per uscire da queste difficoltà che per me sono superabili“.

Peccato che al suo rientro a Roma la situazione sia apparsa da subito differente. Ad attenderlo a Palazzo Chigi Letta ha trovato, infatti, il suo vice, Angelino Alfano, con il quale si è chiuso a discutere per oltre tre ore. Al centro del vertice il “caso Berlusconi”, con la richiesta esplicita del segretario del Pdl di intervenire per evitare il peggio, ovvero la decadenza del loro “capo”. Alfano, in pratica, avrebbe spiegato a Letta che il Pdl non punterebbe assolutamente a far cadere il governo, ma che se il Pd dovesse votare compattamente per l’incandidabilità del loro leader, la “coabitazione” all’interno della stessa maggioranza diventerebbe impraticabile.

A spanzientire i berluscones è la fretta con cui – a loro dire – la Giunta del Senato che dovrà decidere sul da farsi vorrebbe procedere per “fare fuori” il Cavaliere. E la scarsa attenzione che si starebbe tributando (sempre a loro dire) alle perplessità espresse da molti giuristi sulla costituzionalità della “legge Severino”. Dubbi che, avrebbe detto Alfano a Letta, meriterebbero almeno di essere “attenzionati” con maggiore serenità e in un arco di tempo più dilatato. Da qui la “concessione” di altri 10 giorni di tempo al capo del governo per sbrogliare la matassa.

Un vero e proprio ultimatum, a cui Letta non avrebbe reagito benissimo: “Io non posso dire al Pd di non votare per la decadenza, la giunta decide secondo criteri giuridici e non politici”, avrebbe spiegato ad Angelino Alfano. Parole corredate dal mantra che il presidente del Consiglio scandisce ormai da settimane: non si possono confondere le sorti dell’esecutivo con quelle di una sola parte politica. Le posizioni tra Letta e il suo vice resterebbero, insomma, distanti e non lascerebbero troppe speranze ai supporter delle “larghe intese”.