Dargen D’Amico e l’incapacità di (intel)leggere l’ironia: tra Pinelli e la censura YouTube per ‘Bocciofili’

Quant’era bello, essere andergraund. Essere conosciuto da pochi, e venerato dalla maggior parte di essi. Perché quando si smette di essere andergraund, inevitabilmente, spuntano come funghi nei giorni di pioggia (si ha da essere precisi con le metafore, quando si parla del rapper in questione) gli haters.

E’ una categoria tutta postmoderna, quella degli haters. Con la riproducibilità dell’opera d’arte spinta al massimo delle proprie possibilità, tutti entrano a contatto con qualcuno genere di produzione artistico – culturale; quindi, se un tempo bastava poco per evitare di sottoporsi ai contenuti poco graditi, adesso tutti osservano / riproducono / giudicano tutto e con le velleità di un teorete, di un Bertoncelli o un prete sono pronti a commentare e dislikare (con un pollice verso che nemmeno nell’arena dei gladiatori).

Quant’era bello, in tal senso, quando col 56K erano pochi ad avere accesso alla rete.
Quant’era bello il digital divide.

Ad ogni modo, questa – tendenzialmente inutile – premessa serve per spiegare come mai Dargen D’Amico (uno tra gli mc più abili ed eterodossi d’Italia) abbia attirato – tutt’d’n’tratto – polemiche e censure.

Le polemiche sono di qualche giorno fa e sono legate ad una rima di ormai non poco tempo fa (rima presente in ‘Via Vai’, featuring Fabri Fibra): “Sono o non sono più bello dei modelli? e se dite di no, mi butto giù come Pinelli”. E così, la pagina ufficiale di Facebook del rapper meneghino si è trovata invasa da commenti quantomeno poco lusinghieri. Come si sarebbe permesso di scomodare Dargen D’Amico un morto di stato come Pinelli? Come si sarebbe permesso DD di citare Pinelli e di dire che s’è buttato giù da sé (quando, è noto, l’anarchico è stato suicidato)? Ben pochi hanno dimostrato di possedere una capacità di metalettura, additando DD di revisionismo, qualunquismo, cameratismo. Tutte caratteristiche che Dargen ha dimostrato nell’arco della lunga carriera di non possedere (tanto con le parole, quanto con le azioni: ricordo – solo per fare un esempio – un concerto gratuito nella Capitale a favore del movimento NO TAV). Ma vallo a dire ai critici dell’arte 2.0, scatenati in questi giorni di mezz’estate.

Ma veniamo alle polemiche mainstream e veniamo al video di ‘Bocciofili’, censurato da YouTube per la presenza di troppe bocce (censura per i soli minorenni, ché in questo 2013 si sarebbero facilmente turbati con un video di tal fatta). Una censura che ha portato con sé una serie di articoli (un po’ come questo, ma se possibile ancora più inutili)  in cui si tendono a riassumere le posizioni dei fan e dei detrattori di Dargen. Tra i tanti, colpisco particolarmente il pezzo scritto per ‘Blitzquotidiano’ (in cui l’autore dell’articolo scrive – prima di concludere – “Alcune donne sono invece sono apparse indignate. Secondo loro, il tormentone dell’estate contribuirebbe a perpetuare lo stereotipo della donna oggetto”) e il pezzo veterofemminista di Elena Bozzo per melty.it (che rappresenta un lungo j’accuse contro l’uso eccessivo di seni e natiche nei video musicali e contro il testo, colmo di volgarità).

Così, tanto nel caso della rima in cui viene tirato in ballo Pinelli quanto nel caso di ‘Bocciofili’, ci troviamo dinnanzi ad una incapacità diffusa di distinguere dove risiede l’ironia. E se la Bozzo ha lanciato il suo appello (“che qualcuno ritrovi la decenza italiana, qualora sia rimasta deve essere molto ben nascosta in qualche remota parte della nostra penisola”), io lancio il mio: che qualcuno ritrovi il sense of humor, please.