Dopo Schifani, Brunetta e Alfano. Alle parole non proprio concilianti pronunciate ieri dal capogruppo del Pdl al Senato hanno fatto seguito quelle del suo “collega” alla Camera, Renato Brunetta, raccolte da Il Giornale. L’ex ministro “anti-fannulloni” ha sostanzialmente ribadito l’ultimatum paventato ieri da Schifani prefigurando un’inevitabile crisi di governo, nel caso in cui la Giunta per le Elezioni preposta a sciogliere il nodo sulla decadenza del Cavaliere dovesse optare per la più inopportuna (a suo giudizio) delle soluzioni.
“Se il Pd, assieme ai grillini, decide già questa sera di votare contro le pregiudiziali del relatore Augello – ha dichiarato Brunetta – fa decadere il governo Letta, molto semplicemente, perché rompe la maggioranza“. “La Giunta per le Elezioni o è un organo giurisdizionale, come un collegio di tribunale – ha spiegato l’ex responsabile della Pa – e allora dovrebbe prendersi il suo tempo, valutare, leggere le carte, oppure si comporta in maniera politica. Se decide di comportarsi in maniera politica e di dire poche storie, fuori Berlusconi dalla vita politica, fuori dal diritto, fuori dalla Costituzione, fuori dai dubbi che sono stati espressi – ha continuato nel suo ragionamento Brunetta – evidentemente prende una decisione politica, rompe la maggioranza e, a questo punto, il Pd manda a casa il governo Letta”.
A dare il suo personale contributo (seppur senza dettagliare che il voto della Giunta ostile a Berlusconi spianerebbe la strada alla fine del governo, di cui è tra l’altro vicepremier) anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano. “Siamo esterrefatti per il comportamento del Pd, ieri, in Giunta – ha affermato – Pur di eliminare per via giudiziaria lo storico nemico politico – ha aggiunto in una nota l’ex Guardasigilli – preferiscono mettere in ginocchio il Paese, applicando retroattivamente, in fretta e furia, una norma (la ‘legge Severino’, ndr) che ormai innumerevoli giuristi, personalità neutre e di sereno giudizio, ritengono pacificamente irretroattiva”. “Tutto ciò è davvero incredibile, oltre che insopportabile”, ha chiosato il vice di Letta.
Il “braccio di ferro” coi democratici – che confermano la loro ferma intenzione di bocciare le tre pregiudiziali presentate ieri dal relatore Andrea Augello, alle quali dovrebbe aggiungersene questa sera una quarta sollevata dal pidiellino Lucio Malan – non lascia presagire happy end. Meno che per i detrattori delle “larghe intese”.