“Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con decreto in data odierna, ha nominato ai sensi dell’art. 135 della Costituzione, Giudice della Corte Costituzionale il Professore Giuliano Amato, in sostituzione del Professor Franco Gallo, il quale cessa dalle sue funzioni di Giudice e di Presidente della Corte Costituzionale il prossimo 16 settembre”: così sta scritto nel comunicato ufficiale diramato ieri mattina dal Quirinale.
il curriculum di Giuliano Amato è quanto mai impegnativo. Laureato in giurisprudenza, è stato professore universitario presso molti atenei italiani (da Roma a Modena, da Firenze a Perugia). Ex ministro del Tesoro del governo Goria ed ex ministro dell’Interno con Romano Prodi premier, Amato è stato due volte presidente del Consiglio (seppur per brevi periodi) e più volte candidato a salire sul Colle più alto delle istituzioni. Giurista apprezzato dai più, ha guidato il comitato dei garanti per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e fatto molto altro ancora, anche al di fuori dei confini nazionali.
Una “carriera” sfavillante e puntellata da riconoscimenti che, secondo i calcoli elaborati dal giornalista Mario Giordano nel suo libro “Sanguisughe”, gli frutterebbe una pensione mensile di oltre 31 mila euro lordi. La cifra più che rotonda ha provocato l’indignazione generale e spinto lo stesso Amato ad auto-difendersi precisando che la sua pensione mensile ammonta, al netto delle imposte, a circa 11 mila euro, a cui bisogna aggiungere i 5 mila di indennità parlamentare.
La nomina di ieri da parte di Giorgio Napolitano – che ha sempre dimostrato grande stima nei confronti del Professore – non è passata inosservata. A “insorgere” per primo è stato il leghista Matteo Salvini: “Il signor Napolitano, che non è il mio presidente, ha appena nominato un volto nuovo, un giovane in gamba, come giudice della Corte Costituzionale – ha ironizzato su facebook – Amato è quello del prelievo dai conti correnti degli italiani, quello dei 30 mila euro di pensioni al mese. Basta! Schifo! Si deve lottare – ha concluso Salvini – o si vince o si muore”.
Dello stesso tenore il commento del deputato 5 Stelle, Carlo Sibilia: “Giuliano Amato rappresenta degnamente lo schifo, il disgusto, l’indecenza, l’obbrobrio, l’orrore, il ribrezzo perpetrato negli anni dalla casta politica italiana – ha osservato – Spero solo che il posizionamento di cotanta personalità alla presidenza della Corte Costituzionale non sia il definito salvacondotto per il pregiudicato Berlusconi che magari riuscirà a portare alla Consulta la questione di costituzionalità della legge Severino”.
E se il Pd sceglie la via della prudenza (e non rilascia alcuna dichiarazione sulla neo nomina di Amato), il Pdl si scopre, invece, diviso. A esprimere un giudizio severissimo è stato Maurizio Bianconi: “Si dice la ciliegina sulla torta, in questo caso è più opportuno dire la ciliegina sul pacco – ha subito affondato il parlamentare – cioè sulla fregatura rifilata agli italiani con la nomina dei quattro senatori a vita utili ai giochi della sinistra. La ‘ciliegina’ è la nomina di Amato, altra leccornia dedicata agli italiani da re Giorgio – ha rincarato il pidiellino – Francamente non è dato di sapere se questa arroganza sia frutto di distratta improntitudine pura e semplice, delle impazienze dell’età, o di rigurgito della robusta educazione gramsciana e comunista che sicuramente alberga nell’animo del monarca. Comunque sia – ha tagliato corto Bianconi – ennesimo disastro“.
Parole che fanno a pugni con la “benedizione” dell’ex ministro Maria Stella Gelmini, che – è doveroso precisarlo – non è stata l’unica a esprimere apprezzamento per la nomina di Amato alla Corte Costituzionale. “Con Giuliano Amato – ha scritto in una nota l’ex responsabile dell’Istruzione – il presidente Napolitano ha indicato un esponente di quella cultura riformista che ha saputo combattere i dogmatismi e i massimalismi della sinistra italiana molto prima della sua sconfitta storica con il crollo del comunismo. Capiamo quindi che questa nomina – ha continuato la pidiellina – non piaccia ai dilettanti allo sbaraglio della politica ed ai nostalgici del giustizialismo, entrambi propugnatori di un’Italia divisa e governata non dalla politica – ha osservato la Gelmini – ma da magistrati politicizzati”.