Dov’è finito l’incrollabile ottimismo di Enrico Letta? Cosa ha spinto il presidente del Consiglio, ospite ieri della trasmissione televisiva Porta a Porta, a non escludere per la prima volta la possibilità che il suo governo cada sotto i colpi incrociati di Pd e Pdl? “In questi quattro mesi non ho mai pensato di lasciare – ha dichiarato il premier – ma se le cose dovessero precipitare, ci metterei pochi istanti a trarre le conseguenze”.
“Noto che da un po’ di settimane si è alzato il livello politico dei partiti – ha continuato il capo del governo – Io dico attenzione perché non può essere richiesto solo al premier e al presidente della Repubblica di tenere in piedi il governo mentre gli altri se le danno di santa ragione”. Di più: “Quando dico non governo a tutti i costi – ha precisato Enrico Letta – vuol dire che non possiamo essere io e il presidente della Repubblica i parafulmini che tengono in piedi tutto il sistema. Occorre da parte di tutti una partecipazione responsabile in una situazione di grande difficoltà complessiva”.
Il sentore è che gli ultimi accadimenti politici abbiano spinto il presidente del Consiglio a ritornare sulla “fotografia” scattata nei mesi scorsi sostituendo le certezze smerciate fino a ieri (“Sono certo che prevarrà il buon senso“, ha ripetuto in più di un’occasione il premier) con i dubbi di oggi. O meglio: con la montante consapevolezza che la spaccatura sul “caso Berlusconi” tra i due partiti di maggioranza finirà per tarlare il suo esecutivo.
Uno scenario che, stando all’analisi del presidente del Consiglio, provocherà “scossoni” anche sul fronte economico. “Da quando è ricominciato il caos politico, da quando tutti hanno ricominciato a ballare la rumba sulla pelle del Paese – ha osservato Letta – la Spagna con i suoi tassi d’interesse va meglio di noi”. “Se continua il caos politico, a pagare saranno famiglie e imprese“, ha prospettato il presidente del Consiglio, che ha stimato il “conto” in circa 1 miliardo di euro.
Interpellato, infine, sullo stop all’aumento dell’Iva che dovrebbe scattare dal primo gennaio 2014, il presidente del Consiglio non ha voluto consegnare promesse. “Non c’è nessuna certezza, ne stiamo parlando – ha ammesso – Quello che posso dire è che faremo una riforma“. E l’abolizione dell’Imu, percepita come una “vittoria” politica del Pdl sugli “alleati” democratici? “Oggi gli italiani avrebbero dovuto pagare la prima rata dell’Imu e non la pagano – ha osservato Letta – Non c’è stato un cedimento (alle pretese del Pdl, ndr), ma un buon compromesso“.