Napolitano: Conflitto politica-magistratura? Togati siano più sobri

Giorgio Napolitano

 

Il sentore è che, se volessimo prendere in prestito la metafora familiare, il “padre” Giorgio Napolitano, al cospetto delle due “figlie” litiganti (la politica e la magistratura), abbia scelto di riprendere con maggior veemenza la seconda. Intervenuto ieri a un incontro organizzato dall’Università Luiss di Roma per commemorare l’ex consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, il capo dello Stato è tornato a parlare della contrapposizione tra politica e magistratura tradendo maggiore severità per gli atteggiamenti poco “sobri” assunti – a suo giudizio – da alcuni togati.

“Non c’è nulla di più impegnativo e delicato – ha riconosciuto il presidente della Repubblica – che amministrare la giustizia e garantire la rigorosa osservanza delle leggi che rappresentano un imperativo assoluto per la salute della Repubblica. Anche la considerazione della peculiarità di questa funzione e l’inequivoco rispetto per la magistratura – ha sottolineato Giorgio Napolitano – sono spesso travolti nella spirale di contrapposizione tra politica e giustizia che, da troppi anni, imperversa nel nostro Paese”.

“Occorre operare perché la politica e la giustizia – ha insistito l’inquilino del Colle – cessino di concepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti da una comune responsabilità istituzionale”. “E’ molto importante – ha precisato Napolitano – il contributo che si deve attendere dalla magistratura. Il consigliere Loris D’Ambrosio mi ha sempre spinto a mettere l’accento sull’importanza della formazione, in senso culturale e deontologico, intesa come acquisizione di modelli di comportamento ispirati all’equilibrio, alla sobrietà, al riserbo, all’assoluta imparzialità e al senso del limite che – ha evidenziato il presidente della Repubblica – sono il miglior presidio dell’autorità e dell’indipendenza del magistrato”.

Di più: “Ne dovrebbe scaturire, tra i magistrati – ha aggiunto il capo dello Stato – un’attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto alle riforme di cui la giustizia ha bisogno da tempo e che sono collocabili – ha assicurato Napolitano – nel quadro della Costituzione repubblicana”.  

Nessun accenno, invece, al recente video-messaggio in cui l’ex premier Silvio Berlusconi è tornato a sparato a zero sui magistrati che lo hanno condannato, indicandoli come il “braccio armato” di una sinistra intenzionata a eliminarlo dalla scena politica. Una “dimenticanza”, quella di Giorgio Napolitano, che ha spinto il “cittadino” 5 Stelle Manlio Di Stefano a intervenire a gamba tesa: “E’ indecente che si possano pronunciare parole simili di finta pacificazione quando non c’è una guerra in atto tra pm e politici, ma politici che delinquono da 50 anni e pm che indagano”, ha osservato il “pentastellato”. “Se Napolitano non è in grado di capire questo semplice quanto delicato concetto, per scarsa lucidità o, spero di no, per malafede – ha rincarato Di Stefano – faccia un passo indietro e rassegni le sue dimissioni. Certamente gli italiani non sentiranno la sua mancanza”.

Di tutt’altro avviso il pidiellino Altero Matteoli: “Bisogna spegnere il conflitto tra politica e magistratura, se si vuole dare una prospettiva positiva e stimolante al Paese  – ha riconosciuto – E per farlo è necessario che la magistratura riscopra i modelli di comportamento ricordati da Napolitano, che soprattutto in queste settimane, sono venuti meno clamorosamente”. 

A scorgere nelle parole del presidente della Repubblica un preziosissimo assist è stata poi Daniela Santanchè: “In Italia c’è una giustizia politicizzata che vuole far fuori l’avversario politico con sentenze politiche – ha ribadito la “pitonessa” – ricordo solo 2 nomi: Ingroia e Di Pietro. Berlusconi ha più di 50 processi e questo fa capire agli italiani che purtroppo un ordine dello Stato si è elevato a potere che vuole essere più potere degli altri”.