La “scomunica” recapitata ieri, sotto forma di nota, da Giorgio Napolitano ai parlamentari del Pdl ha scatenato muscolari reazioni.
I due capigruppo, Renato Brunetta e Renato Schifani, hanno tempestivamente replicato al capo dello Stato rigettando, in una nota congiunta, le accuse mosse contro di loro: “La definizione di ‘colpo di Stato’ e di ‘operazione eversiva’ non è ‘inquietante’ – hanno subito ribattuto – ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile. L’opinione unanime espressa dai parlamentari del Pdl-Forza Italia – hanno sottolineato Brunetta e Schifani – è quella dell’esistenza di un’operazione persecutoria, da parte di una corrente della magistratura, al fine di escludere definitivamente dalla competizione politica il leader del centrodestra, a cui si aggiunge il voto della Giunta per le Elezioni del Senato – hanno lamentato i due capigruppo del Pdl – con l’applicazione retroattiva della legge Severino“.
A spargere altra benzina sul fuoco è stata Daniela Santanchè: “Il comunicato del presidente Napolitano, per i toni arroganti e i contenuti espressi – ha affondato la pidiellina – configura un’indebita interferenza del Quirinale nelle libere scelte di un partito e di singoli deputati e senatori. I parlamentari, a differenza di Napolitano, che non è stato eletto dal popolo – ha rincarato la “pitonessa” – ma nominato da segreterie politiche, devono rispondere delle loro scelte non certo al presidente della Repubblica, ma esclusivamente a milioni di italiani che li hanno liberamente eletti”.
Stando ai beninformati, i due capigruppo avrebbero già iniziato a raccogliere le firme dei colleghi, utili a certificare l’eventuale disponibilità a rinunciare allo scranno parlamentare. La macchina si sarebbe, insomma, già messa in azione, anche se il ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, starebbe tentando (in solitaria?) di rallentarla. “Le dimissioni si danno, non si annunciano – ha dichiarato ieri il più filo-governativo dei pidiellini – Non abbiamo ancora votato alcuna dimissione”.