Primo fermo no della maggioranza al disegno di legge presentato dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, sulle cosiddette “pensioni d’oro”. Lo stop è arrivato ieri, in commissione Lavoro della Camera, con i no di Pd, Forza Italia, Scelta Civica, Nuovo centrodestra e Sel.
Il provvedimento dell’ex ministro della Gioventù proponeva di fissare a 3.220 euro netti al mese (5 mila lordi) il tetto massimo per le pensioni, includendo sia le integrative che le complementari. E di ricalcolare, su sistema integralmente contributivo, le eventuali eccedenze, “per evitare che i giovani – aveva detto la Meloni – debbano lavorare una vita intera per pagare i privilegi di chi, magari, è andato in pensione con 90 mila euro al mese”.
“I politici vanno sempre in televisione a dire che certi privilegi vanno rimossi – ha incalzato ieri la leader di Fratelli d’Italia – ma poi quando qualcuno come noi fa una proposta semplice sull’argomento, una gran parte dei partiti sceglie di non votarlo”. “Avevo dato la massima disponibilità agli emendamenti presentati dagli altri partiti – ha precisato la Meloni – ma la maggioranza ha scelto di votare il più semplice: quello che sopprime l’articolo della legge”. A sostenere il provvedimento è stata, invece, la Lega Nord, con cui – ha puntualizzato l’ex ministro – “ci è stata da subito una convergenza totale”. E il Movimento 5 Stelle, che “dopo le incomprensioni iniziali – ha dichiarato la Meloni – ha votato contro l’emendamento soppressivo dando una mano alla nostra proposta”.
A motivare il no del suo partito è stato, invece, il democratico Cesare Damiano, che della commissione Lavoro della Camera è, tra l’altro, presidente: “Se si parte, come fa la proposta dell’onorevole Meloni, da 5 mila euro lordi mensili, pari a 3.200 euro netti, e a quella cifra si aggiunge anche la pensione integrativa – ha spiegato – non si può parlare di ‘pensioni d’oro’, ma di importi inferiori ai 3 mila euro mensili. Scendere al di sotto di questa soglia e toccare anche le pensioni più basse – ha messo in guardia Damiano – è un passo breve”.
Non solo: il Pd ha frenato sul ddl di Giorgia Meloni anche per evitare di inciampare in pasticci come quello degli “esodati”. Occorre esaminare tutte le posizioni degli attuali pensionati, hanno evidenziato i democratici, aggiungendo di restare in attesa di un report dettagliato da parte dell’Inps. Il cui chiacchierato presidente, Antonio Mastrapasqua, ha però recentemente rassegnato le dimissioni. Il sentore è che la ricognizione richiesta dal Pd non arriverà, insomma, entro tempi brevi.