Quirinale nel mirino: Napolitano “arruolò” Monti nel giugno del 2011

Monti e Napolitano

 

Sono state le anticipazioni dell’ultimo libro del giornalista Alan Friedman a scatenare la “tempesta perfetta” sul Colle più alto della politica italiana.

Ad accendere le polemiche le interviste raccolte dal giornalista economico che, a colloquio con l’imprenditore Carlo De Benedetti e l’ex premier Romano Prodi, è riuscito a documentare come Giorgio Napolitano avesse, già nel giugno del 2011, mobilitato il professore Mario Monti prospettandogli la possibilità di subentrare alla guida del Paese. Nei mesi più caldi del 2011, infatti, il governo retto da Silvio Berlusconi versava in condizioni di innegabile difficoltà, con una maggioranza ormai fiaccata e una speculazione finanziaria apparentemente intenzionata a non concedere tregua al Bel Paese.

Da qui la preoccupazione del capo dello Stato che, come confermato dallo stesso Monti, avrebbe contattato l’allora presidente della Bocconi per sollecitarlo a prendere il posto di Berlusconi. Il Professore ci avrebbe pensato a lungo, chiedendo consiglio anche agli amici Prodi e De Benedetti, che lo avrebbero incoraggiato a dire sì. Il resto è storia, con la nomina (in tempo record) di Mario Monti a senatore a vita della Repubblica – su specifica segnalazione del capo dello Stato – e la successiva “incoronazione” a nuovo presidente del Consiglio.

L’attivismo dell’inquilino del Colle che, stando alla lettura fornita ieri dai “forzisti” avrebbe macchinato per cacciare Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi, ha sollevato infinite polemiche. A schierarsi al fianco di Giorgio Napolitano sono stati (tra gli altri) i presidenti della Camera e del Senato e, soprattutto, il premier Enrico Letta che ha definito la notizia un “vergognoso tentativo di mistificazione della realtà”. Stigmatizzabile ancora di più, ha aggiunto il presidente del Consiglio, perché veicolato in un momento sospetto, con la richiesta di messa in stato di accusa del presidente da parte del M5S al vaglio della commissione parlamentare che dovrà valutarne oggi la fondatezza.

E a sbottare è stato Giorgio Napolitano in persona, che ha preso carta e penna per vergare una lettera all’indirizzo del direttore del Corriere della Sera (il quotidiano che, in contemporanea con il Financial Times britannico, ha pubblicato le anticipazioni del libro di Friedman). “Posso comprendere che l’idea di ‘riscrivere la storia recente del nostro Paese’ possa sedurre grandemente un brillante pubblicista come Alain Friedman – ha esordito il capo dello Stato – Ma mi sembra sia davvero troppo poco per potervi riuscire l’aver raccolto le confidenze di alcune personalità (Carlo De Benedetti, Romano Prodi) sui colloqui avuti dall’uno e dall’altro, nell’estate 2011, con Mario Monti, ed egualmente l’avere intervistato, chiedendo conferma, lo stesso Monti”. “Le confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di dare ai fatti in termini di ‘complotto’ – ha tagliato corto il presidente della Repubblica – sono fumo, soltanto fumo”.

Da parte sua, il giornalista Alan Friedman ha precisato di non aver mai scomodato il termine “complotto” in relazione alla vicenda raccontata e di essersi limitato a registrare i fatti (scrupolosamente documentati e verificati) riferiti dalle persone da lui interpellate sull'”affaire Monti”.

A conclusione di una giornata quanto mai burrascosa, Giorgio Napolitano ha comunque deciso di convocare ieri sera al Quirinale il segretario del Pd, Matteo Renzi. Un faccia a faccia blindatissimo, durato circa due ore, sui cui contenuti si sta già largamente favoleggiando. In attesa che il premier Enrico Letta (dato da molti come in uscita da Palazzo Chigi) venga, a sua volta, ricevuto dal presidente della Repubblica.