Fiat-Chrysler: quali garanzie per i lavoratori italiani?

Marchionne ed Elkann

 

Il piano è più che ambizioso e per illustrarlo nei minimi particolari Sergio Marchionne, John Elkann e gli uomini del loro staff hanno impiegato più di 11 ore. In una conferenza stampa-fiume convocata ieri a Detroit, i vertici della Fca (Fiat-Chrysler Automobiles) hanno tradito grande entusiasmo e prefigurato importanti risultati su scala mondiale.

Il nuovo piano presentato ieri riguarda i prossimi 5 anni e prevede un investimento complessivo di circa 50 miliardi di euro. L’obiettivo da centrare? La vendita di 7 milioni di autovetture in tutto il mondo (nel 2013 ne sono state vendute 4,4), con un’attenzione particolare rivolta ai mercati del Nord America, dell’Asia e dell’America Latina. Non solo: nel disegno di Marchionne &co., il potenziamento delle produzioni dovrebbe portare all’annullamento del debito contratto dal gruppo e, di conseguenza, favorirne la crescita e il consolidamento nei mercati globali.

Ma più che intrattenerci sui punti strategici, può essere interessante focalizzare l’attenzione sulle presunte ripercussioni nel nostro Paese. Dopo il trasferimento del “quartier generale” da Torino, la Fca ha, infatti, seminato panico tra i cassintegrati italiani. Stando a quanto riferito ieri da Marchionne, però, ci sarebbe poco da temere: “Siamo impegnati a non licenziare nessuno e ad utilizzare tutta la manodopera – ha assicurato il manager – I cassaintegrati rientreranno al lavoro tutti quanti quando arriverà l’industrializzazione dei nuovi prodotti”.

Ma cifre e stime precise sugli investimenti destinati alle fabbriche italiane (quasi tutte in sofferenza) non sono state fornite e il ricordo di “Fabbrica Italia”, il precedente piano industriale dell’allora Fiat rivelatosi un clamoroso flop (o, se si preferisce, una grande promessa disattesa), suggerisce di non rilassarsi troppo.