L’allarme del Censis: cresce la sfiducia nella scuola

Scuola

 

C’è stato un tempo in cui studiare significava investire (con pressoché certe prospettive di successo) sul proprio benessere e sulla propria stabilità. Quel tempo è irrimediabilmente passato e, stando all’ultima indagine realizzata dal Censis, faticherà molto a tornare.

Frequentare le scuole e l’università non è, infatti, più garanzia di gratificazione professionale, come dimostrato dalle stime raccolte dal Censis, secondo le quali, al primo ingresso nel mondo del lavoro, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella “scala sociale” rispetto alla condizione di provenienza, mentre il 29,5% ha sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine.

E se la scuola non è più vista come grande occasione da sfruttare per migliorare la propria condizione sociale, allora è logico attendersi un incremento del fenomeno di abbandono scolastico, che ha infatti interessato il 31,2% degli studenti i cui genitori svolgono professioni non qualificate e il 3,9% di quelli con genitori che svolgono, invece, professioni qualificate. Come dire che, nella famiglie con maggiori difficoltà economiche, la permanenza a scuola non è più percepita come un passaggio indispensabile per la realizzazione dei propri figli.

E del resto, tra il 2008 e il 2013, la domanda di lavoro in Italia ha continuato a concentrarsi soprattutto sui livelli di studio bassi, gli unici a registrare un andamento positivo (+16,8%), a scapito sia dei titoli medi (-3,9%), sia di quelli più elevati (-9,9%). Spianando la strada al fenomeno dell’“overeducation” (che traccia un divario marcato tra il titolo conseguito e la mansione che si deve svolgere) che ha riguardato sia le lauree considerate “deboli” (dal punto di vista degli sbocchi professionali), come quelle umanistiche (43,7%), sia le lauree ritenute più “forti”, come quelle in scienze economiche e statistiche (57,3%).

In questo quadro di inarrestabile sfiducia nei confronti della formazione scolastica, ad uscirne con le ossa rotte sono anche le università, che registrano sempre meno immatricolazioni. Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. E non sempre, come è noto, si arriva alla meta finale: nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi (tra il primo e il secondo anno) il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. E solo uno studente su quattro è arrivato a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici. Mentre cresce la tendenza a trasferirsi all’estero: tra il 2007 e il 2011, il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%.