La luce in fondo al tunnel, annunciata periodicamente da capi di governo e analisti, non si è mai palesata al cospetto degli italiani. Che, stando a quanto rilevato da Confesercenti, dovranno rassegnarsi a vivere ancora per un po’ in una situazione di sofferenza legata al perdurare della crisi che, almeno per tutto quest’anno, sembra non voglia allentare la presa.
Con il Pil in calo dello 0,2%, il 2014 non sarà l’anno della ripresa. Andrà meglio, secondo Confesercenti, nel 2015 quando il Pil dovrebbe finalmente uscire dal pantano del segno meno per attestarsi intorno allo 0,9%. Ma non c’è da festeggiare troppo perché la crescita al di sotto dell’1% – sempre secondo l’associazione degli esercenti – non basterà a stimolare investimenti importanti né a incoraggiare consumi che possano finalmente imprimere un decisivo cambio di marcia.
Di più: per tornare alle condizioni pre-crisi, gli italiani dovranno pazientare ancora un bel po’. Quanto? Stando ai calcoli di Confesercenti, ci vorranno 7 anni per un rientro del Pil sui valori del 2007, 6 anni per i consumi e 8 anni per tornare ai livelli di occupazione di 7 anni fa. Previsioni non proprio incoraggianti che, se messe accanto alle stime sulla pressione fiscale, consegnano un quadro veramente sconsolante. Secondo l’associazione dei commercianti, infatti, a complicare ulteriormente la vita degli italiani è stata la “stangata” rilevata dal 2009 al 2012, che avrebbe costretto imprese e famiglie a sborsare 20 miliardi di euro in più per imposte e tariffe.
Da qui la proposta di Confesercenti di operare un intervento sul lato fiscale che preveda l’estensione del famoso bonus di 80 euro ai pensionati con un reddito annuo di 25 mila euro e il taglio di almeno due punti delle aliquote Irpef. Misure che, secondo l’associazione, potrebbero stimolare l’avvicinamento della lenta ripresa in un Paese in cui, dall’inizio dell’anno, si è già registrata la chiusura di 25 mila negozi e in cui il tasso di disoccupazione, in costante aumento, si materializza nei 3 milioni di italiani che hanno perso il lavoro e negli altri 3 milioni che, scoraggiati dalla crisi, restano ai margini del mercato e non provano neanche più a cercarlo.