Per mesi, a tenere banco in Italia, sono state le vertenze riguardanti i quattro stabilimenti Electrolux di Solaro, Pordenone, Susegana e Porcia, per i quali erano stati prospettati tagli draconiani. Segnali di una difficoltà che avevano spinto i più a pensare che anche il grande marchio svedese stesse pagando (come molti altri colossi internazionali) il caro prezzo della crisi. Ma la notizia ufficializzata ieri dalla stessa Electrolux sembra incoraggiare un’interpretazione diversa dei fatti perché, con un investimento di 3,3 miliardi di dollari (corrispondenti a 2,5 miliardi di euro), il gruppo svedese ha acquistato ieri il ramo dell’americana General Electric specializzato nella produzione di frigoriferi, condizionatori e scaldabagni.
L’acquisizione – che, nelle speranze della dirigenza, dovrebbe portare al raddoppio delle vendite nel mercato nordamericano – mira a potenziare il posizionamento dell’azienda fuori dall’Europa e a insidiare il primato mondiale detenuto dal grande competitor Whirpool.
Ma c’è chi ha scrutato la faccenda da un altro punto prospettico. “L’operazione – ha dichiarato ieri Augustin Breda, leader delle Rsu in quota Cgil – conferma indirettamente la grande disponibilità di liquidità della multinazionale svedese ed è in contrasto con le difficoltà affrontate, nei mesi scorsi, per concludere una trattativa volta a conservare in attività i quattro stabilimenti di Electrolux in Italia”. Di più: “L’operazione – ha rincarato Breda – richiedere che le istituzioni internazionali si occupino della regolazione e delle tutele collegate alle ricadute sui lavoratori degli effetti di tali macro evoluzioni industriali e finanziarie delle multinazionali”.