Crisi: Artigianato in affanno per colpa di tasse e burocrazia

Artigiani

 

La crisi che non accenna a fermarsi non ha risparmiato il settore dell’artigianato e delle piccole e medie imprese rappresentato dalla Cgia di Mestre. Anzi: secondo i dati dell’ufficio studi dell’associazione, tra il 2008 e il 2013, il numero degli occupati in questo comparto si è notevolmente contratto per motivi che il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, ha esplicitato in una recente dichiarazione. Tasse, burocrazia, credit crunch e crollo dei consumi interni – ha detto – sono le cause che hanno messo in affanno l’artigianato italiano, un settore che oggi conta poco meno di 1.380.000 imprese attive che danno lavoro a circa 1.500.000 lavoratori dipendenti”. 

Più nello specifico: i tecnici della Cgia hanno rilevato che, dal 2009 al 2013, il costo dell’energia elettrica è aumentato del 21,3%, quello del gasolio del 23,3%, mentre la Pubblica amministrazione ha allungato i suoi tempi di pagamento di ben 35 giorni. In pratica, mentre le imprese hanno dovuto pagare utenze sempre più care, lo Stato, dal canto suo, non ha corrisposto quanto dovuto entro i termini stabiliti incidendo, in maniera deleteria, sui bilanci delle attività. Non solo: a gravare pesantemente è stata anche la pressione fiscale che nel 2013 si è stabilizzata al 43,3%, con punte massime che, per le micro imprese, hanno addirittura sforato il 50%. Ovvero: più sei piccolo e presumibilmente meno attrezzato a fronteggiare i marosi della crisi, più lo Stato ti tartassa. Per non parlare della burocrazia i cui costi inciderebbero non poco sui bilanci delle imprese italiane, costrette a sborsare 31 miliardi di euro all’anno (7 mila ciascuna).

Ma non basta: a completare il quadro tracciato dalla Cgia sulla crisi del settore, il crollo dei consumi che, dal 2008 al 2013, sono calati del 6,6% e la stretta operata dagli istituti di credito che, in questi ultimi 6 anni, hanno concesso il 10% di prestiti in meno (corrispondenti a 17 miliardi di euro) alle piccole e medie imprese artigiane.

Ma quali sono le attività che, stando alle rilevazioni della Cgia, sono state colpite con più violenza dalla crisi? Al primo posto della ben poco gloriosa classifica troviamo i muratori, con una contrazione dei posti di lavoro stimata intorno al 24,7% (177.220 unità in meno), seguiti dagli addetti del tessile, dell’abbigliamento e del legno con il 23,9% (109.250 unità) e dai posatori, serramentisti, idraulici ed elettricisti, la cui contrazione si è attestata, invece, al 18,2% coinvolgendo 100.240 persone. Ma ad uscirne “con le ossa rotte” sono stati anche i frigoristi che, negli anni della crisi, sono diminuiti del 19,2% (95.300 posti di lavoro in meno), mentre i camionisti sono riusciti, tutto sommato, a “tenere botta” facendo registrare una contrazione dell‘8,3% che ha coinvolto “solo” (si fa per dire) 50.100 lavoratori.