L’Ue fredda Alcoa su aiuti di Stato

Alcoa

 

Non c’è pace per l’Alcoa di Portovesme. Proprio quando il gruppo anglo-svizzero Glencore sembrava intenzionato a chiudere il negoziato che avrebbe portato al rilevamento dello stabilimento, è arrivata la doccia fredda dell’Unione europea.

Il Tribunale dell’Ue ha, infatti, rigettato i ricorsi presentati dalla Alcoa, ma anche dalla Portovesme srl (che produce zinco e che è controllata dalla stessa Glencore) e da Eurallumina, riconoscendo nelle tariffe elettriche agevolate concesse nel 2009 e nel 2011 a queste fabbriche dei veri e propri aiuti di Stato, incompatibili con il mercato comune. E dunque? Stando alla sentenza del Tribunale europeo, le aziende dovranno restituire al governo centrale i soldi degli “sconti” di cui hanno beneficiato negli scorsi anni.

Una decisione che potrebbe costare cara ad Alcoa, non tanto in termini economici (i 250 milioni contestati dall’Ue sarebbero già stati rimborsati integralmente), quanto in termini di prospettiva. Perché, alla luce degli ultimi accadimenti, Glencore potrebbe considerare sconveniente rilevare uno stabilimento in un Paese il cui governo (che aveva acconsentito a concedere le tariffe agevolate) viene “bacchettato” e sbugiardato da Bruxelles.

La decisione del tribunale dell’Ue di respingere i ricorsi di Alcoa, Portovesme srl e Eurallumina, relativi alle cosiddette tariffe agevolate – ha commentato Stefano Lai, segretario provinciale metalmeccanici Ugl – è un duro colpo all’industria di un territorio già pesantemente colpito dalla crisi. Stavolta le aziende pagano per errori commessi dal governo – ha affermato il sindacalista – Non avere la certezza del diritto è un pessimo biglietto da visita per gli investimenti futuri e getta ombre sulle realtà attuali. I lavoratori sono quelli che, come al solito – ha concluso Lai – pagano il tributo più alto e questo è inaccettabile”. La cassa integrazione dei dipendenti Alcoa scadrà, infatti, a fine anno.

Ma c’è anche chi, come Franco Bardi, segretario Cgil del Sulcis, polemizza contro la sentenza del Tribunale europeo: “I mezzi che si vogliono mettere in campo per contenere il costo dell’elettricità sono, secondo noi, non contestabili – ha detto – Anche perché utilizzati normalmente da altri Paesi europei come la Spagna: da un lato l’interrompibilità, dall’altro l’interconnector, cioè la possibilità di importare energia ai prezzi vigenti sul mercato estero”. 

Sia come sia, la preoccupazione per il futuro dei cassintegrati si fa sempre più forte. Per questo le segreterie nazionali dei sindacati metalmeccanici hanno chiesto al Governo di convocare un incontro al ministero dello Sviluppo economico per capire se, nel caso in cui la Glencore decidesse di “sfilarsi”, ci siano altri soggetti interessati a “salvare” Alcoa.