Per una volta, non è l’Italia a far parlare di sé per vicende extrasportive legate al mondo del calcio: in Spagna, nazione in cui le vicende ultras non ottenevano la ribalta ormai da diverso tempo, sono in primissima pagina su tutti i mezzi di comunicazione gli scontri tra gli ultras dell’Atletico Madrid (di estrema destra) e quelli del Deportivo La Coruña (di estrema sinistra, accompagnati per l’occasione da hinchas del Rayo Vallecano e dell’Alcorcon) nei pressi dello Stadio Calderon di Madrid.
Scontri che hanno portato alla uccisione di un ultras della compagine gallega, gettato in un fiume da “tifosi” (doverose le virgolette) della frangia avversaria: nonostante i soccorsi giunti in una ventina di minuti, c’è stato poco da fare per Jimmy (questo il nome dell’ultras 42enne, padre di un bambino), morto per uno shock ipotermico.
Jimmy era conosciuto dalle forze dell’ordine: aveva precedenti di vario tipo ed era un membro di lungo corso della tifoseria organizzata del Deportivo (tanto da essere chiamato el abuelo, il nonno). Ultimamente aveva rinunciato a partecipare con assiduità alle trasferte della sua squadra; quest’ultima, purtroppo, gli è stata fatale.
Si è tratta di una ‘battaglia’ (per usare un termine che i media spagnoli hanno adottato per parlare dei beceri scontri tra ultras) organizzata attraverso Whatsapp. Una organizzazione certosina, con tanto di regole di ingaggio: vietate le armi bianche (sono infatti stati utilizzati solo gli oggetti trovati per strada) e l’avvio degli scontri sarebbe stato dato dallo scoppio di alcuni petardi (puntualmente avvenuto).
Una vera e propria follia organizzata, in salsa 2.0.
E adesso in Spagna l’uomo della strada si chiede: cosa fare per arginare gli ultras iberici? Che sia il tempo di pensare a una tarjeta del aficionado (per tutelare tutti quei tifosi che nulla hanno a che vedere con quanto avvenuto ieri mattina e che lo hanno dimostrato con scambi di cortesie di vario tipo)?
