La pressione fiscale in Italia ha raggiunto livelli allarmanti, attestandosi al 43,3% dall’anno scorso. Ma quali sono gli scenari che si profilano per il futuro? Secondo la Cgia di Mestre (l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese) non è il caso di farsi troppe illusioni perché – ad eccezione dell’anno prossimo, durante il quale potremmo assistere a una lievissima flessione del carico fiscale – le cose potrebbero andare sempre peggio.
Già a partire dal 2016, anno in cui, stando alle previsioni della Cgia, la pressione fiscale potrebbe salire al 43,6%, se gli impegni presi dal governo Renzi in sede europea non verranno onorati. Si tratta di quel famoso vincolo con cui Bruxelles ha “caldamente consigliato” a Roma di frenare la spaventosa crescita del debito pubblico risparmiando una cifra più che impegnativa.
Nel dettaglio: nel 2016, il governo dovrebbe tagliare la spesa pubblica di 16,8 miliardi di euro, nel 2017 di 26,2 miliardi e nel 2018 di 28,9 miliardi. E se non dovesse farcela? L’Europa ha pensato anche a questo predisponendo un graduale aumento della tassazione che metterà l’Italia nelle condizioni di onorare gli impegni presi. A scapito, ovviamente, dei contribuenti che potrebbero vedersi aumentare l’aliquota Iva di 2 punti nel 2016, di un ulteriore punto nel 2017 e di mezzo punto ancora nel 2018. Non solo: a infierire sugli italiani potrebbe arrivare anche l’aumento delle accise sul carburante che, nell’ipotesi più sciagurata, scatterà dal 1° gennaio 2018.
“Il nostro esecutivo – ha spiegato il presidente della Cgia, Giuseppe Bortolussi – si è impegnato a rispettare i vincoli richiesti da Bruxelles attraverso il taglio della spesa pubblica. Diversamente, scatteranno automaticamente gli aumenti di imposta che garantiranno comunque i saldi di bilancio. In altre parole, se il governo non riuscirà a tagliare gli sprechi e gli sperperi – ha messo in chiaro Bortolussi – a pagare il conto saranno, ancora una volta, gli italiani che subiranno l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti”.