I dati consegnati dall’ultimo Rapporto Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che monitora i 34 Paesi più industrializzati del mondo) parlano chiaro: negli ultimi decenni, la disparità sociale si è accentuata quasi ovunque, con conseguenze pesanti sul piano delle economie nazionali.
In pratica, negli ultimi 30 anni, i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Tanto che, se negli anni ’80, il 10% della popolazione più facoltosa disponeva di un reddito 7 volte superiore a quello dei più sfortunati, oggi gestisce una ricchezza 9,5 volte più grande (media Paesi Ocse). La conseguenza? Un divario sempre più accentuato tra chi sta bene (o benissimo) e chi, invece, stenta ad arrivare a fine mese o deve chiedere aiuto a qualcuno per riuscire anche solo a mangiare.
Poco al di sopra della media Ocse si pone l’Italia, con un rapporto di diseguaglianza sociale e reddituale pari a 10. In pratica, mentre i nostri connazionali “paperoni” dispongono del 24,4% del reddito nazionale, i più svantaggiati devono, invece, accontentarsi del 2,4%. E se la Francia e la Germania rientrano, sostanzialmente, nei parametri delle media Ocse, ben diverso è, invece, il discorso che deve essere fatto per gli Stati Uniti d’America che si rivelano una Nazione altamente diseguale dove i ricchi guadagnano 16 volte ciò che racimolano i poveri. Con picchi preoccupanti in Messico, dove il rapporto di diseguaglianza sociale è di 27, e in Cile dove “schizza” a 30.
E c’è di più: stando a quanto verificato dall’Ocse, la diseguaglianza sociale mette le ganasce alla crescita incidendo negativamente sul Pil. Lo sanno bene il Messico e la Nuova Zelanda dove il gap ricchi-poveri ha causato la perdita di 10 punti di crescita, ma anche la Gran Bretagna che ha lasciato per strada quasi 9 punti. Mentre più contenuta è stata la “perdita” rilevata in Italia che, come Stati Uniti e Svezia, ha visto calare il proprio Pil di 6,7 punti percentuale.
Non solo: la crescente diseguaglianza sociale fa entrare in tilt il sistema meritocratico e profila una società in cui modificare il proprio status può diventare un’impresa titanica. “Frenando l’accumulazione di capitale umano – si legge nel Rapporto dell’Ocse – le ineguaglianze di reddito compromettono le possibilità di istruzione delle popolazioni sfavorite, limitando così la mobilità sociale e lo sviluppo delle competenze”. Da qui il suggerimento dell’organizzazione internazionale a rafforzare le politiche sociali in tutti i Paesi membri, destinando una specifica attenzione alle politiche di accesso all’istruzione. Perché l’alta formazione e la realizzazione professionale – sembra essere il messaggio dell’Ocse – non possono essere appannaggio dei soli ricchi.