Lasciando per un attimo da parte le stime che documentano la crisi economica nel nostro Paese, l’Istat ha ieri reso noti i numeri che riguardano i cosiddetti “presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari“. Una dicitura complessa che indica (in parole povere) gli ospedali e tutte quelle strutture (pubbliche e private) che offrono servizi a persone in stato di bisogno.
Ebbene, in Italia, alla fine del 2012, se ne contavano 11.571, dotati di 372.962 posti letto (6,2 ogni mille residenti). Più nello specifico: il 76% di questi presidi era costituita da “unità di servizio” che integrano l’assistenza sociale a quella sanitaria.
Ma, come è facile immaginare, queste strutture non sono equamente distribuite su tutto il territorio nazionale. E, cosa ancora più rilevante, non garantiscono gli stessi standard di servizio ovunque. Stando a quanto rilevato dall’Istat, infatti, il 69% dei posti letto complessivi (9,3 ogni mille residenti) si trova al Nord, mentre solo il 7% (3 posti letto ogni mille residenti) al Sud. Un gap preoccupante, confermato dalla differenza tra i posti letto a carattere socio-sanitario che al Nord sono otto ogni mille residenti mentre al Sud meno di due.
Ancora: alla fine del 2012, erano 354.777 le persone ricoverate nei presidi monitorati dall’Istat. Di queste, il 76% (pari a 270 mila unità) aveva almeno 65 anni, il 20% (69 mila) aveva un’età compresa tra i 18 e i 64 anni, mentre il 4% (16 mila) era costituito da giovani under 18. Tra gli anziani, oltre la metà aveva già passato gli 85 anni di età e tre su quattro erano donne.