Editoria: Carocci e Il Mulino in agitazione

Carocci

 

Partiamo dal 1954, anno in cui venne fondata la casa editrice bolognese Il Mulino. E proseguiamo con il 2009, anno in cui Il Mulino ha acquisito la casa editrice romana Carocci. Le cose sembravano procedere per il verso giusto fino a quando la Edifin, società che controlla entrambe le case editrici, non ha annunciato l’intenzione di procedere con la cassa integrazione a zero ore per 17 dei 32 dipendenti della Carocci.

La notizia ha turbato a tal punto i lavoratori romani – per i quali si profila il rischio concreto di un licenziamento – che gli stessi dipendenti hanno deciso di prendere un treno per raggiungere Bologna. Dove mercoledì hanno incassato il sostegno e la solidarietà dei colleghi de Il Mulino che hanno sospeso il lavoro, dalle 11 alle 14. Non solo: a manifestare vicinanza ai lavoratori della casa editrice romana sono stati anche illustri esponenti della cultura italiana: dal critico Alberto Asor Rosa, al linguista Tullio De Mauro; dallo storico Adriano Prosperi al filologo Luca Serianni che, in una nota congiunta, hanno auspicato la risoluzione della vertenza in corso, marcando l’accento sulla necessità di preservare il pluralismo dell’editoria nostrana.

Dal canto suo, l’amministratore delegato della Carocci e de Il Mulino, Giuliano Bassani, ha tentato di “silenziare” i rumors che hanno riferito dell’intenzione di chiudere la casa editrice di Roma. “Di certo non è questa la nostra intenzione – ha detto – Quel che è certo è che dobbiamo raggiungere una struttura dei costi più flessibile. La Carocci sarà rilanciata, ma deve prima diventare un vascello più agile. Attualmente ha un numero di dipendenti sproporzionato rispetto al fatturato”. Detta altrimenti: i dirigenti considerano non più procrastinabile un ridimensionamento del personale.

Ma c’è di più: lo sciopero a cui hanno aderito mercoledì i lavoratori de Il Mulino è legato anche all’annuncio, da parte dell’azienda, di procedere con lo scorporo delle attività produttive da quelle redazionali per favorire la creazione di una nuova società, la Edimil, di cui ancora si sa ben poco poiché i dettagli del piano industriale non sono stati illustrati. Una decisione che ha messo in allarme i lavoratori: “La cessione – hanno scritto in una nota – comporta lo snaturamento di ciò che ha contraddistinto l’editrice nei suoi 60 anni di attività, con la perdita di quella identità che ha rappresentato la forza di questo marchio”.