Il tasso d’inflazione che, stando a quanto rilevato dall’Istat, nel 2014 si è attestato allo 0,2% ha messo in allarme un po’ tutti. L’aumento prolungato del livello medio dei prezzi, associato al perdurare della crisi, ha infatti generato il crollo del potere d’acquisto degli italiani, sempre più orientati (o costretti) a fare economia.
Ad analizzare con preoccupazione il dato è stata Federconsumatori che ha messo in evidenza come, dal 2008 ad oggi, i consumi alimentari e quelli sanitari siano calati rispettivamente dell’11,6 e del 23,1%. Tanto da reclamare la messa a punto di un piano straordinario che, secondo l’associazione che tutela i diritti dei consumatori, dovrebbe prendere le mosse da un rilancio degli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico, dall’incentivazione del turismo e dall’ammodernamento delle infrastrutture già esistenti, partendo magari dalla messa in sicurezza delle scuole e degli ospedali.
Altrettanto preoccupata si è mostrata la Cia (Confederazione italiana agricoltori) che, riferendosi al dato sull’inflazione certificato ieri dall’Istat, ha parlato di consumi tornati ai livelli di 30 anni fa. Più precisamente, secondo l’associazione degli agricoltori italiani, dal 2008 ad oggi, i nostri connazionali hanno speso il 40% in meno per viaggi e vacanze e 12 miliardi di euro in meno per la spesa alimentare, facendo proprio – come puntualizzato dalla Cia – uno stile d’acquisto improntato al low cost e al massimo risparmio.
Infatti, se il 58% degli italiani compra cibo in base al prezzo, prediligendo i punti vendita che propongono offerte speciali o praticano particolari riduzioni, il 42% sceglie i cosiddetti “formati convenienza e il 32% abbandona i grandi marchi (notoriamente più cari) per acquistare prodotti più economici, mentre il 24% ricomincia a fare “cucina di recupero” (non buttando via nulla). Con grande successo dei discount, premiati e preferiti da 6,5 milioni di famiglie italiane.