Il giorno è arrivato: oggi alle 15,00 l’Aula di Montecitorio verrà “presa d’assalto” dall’esercito dei grandi elettori chiamati ad eleggere il dodicesimo presidente della Repubblica italiana.
La giornata di ieri è trascorsa tra incontri più o meno nervosi che pare abbiano prodotto ben pochi risultati. Il sentore generale è che il lungo faccia a faccia tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (durante il quale, il premier avrebbe avanzato la candidatura di Sergio Mattarella, incassando il fermo no dell’ex Cavaliere) si sia concluso con uno stizzito nulla di fatto. Più distesi sarebbero stati, invece, gli incontri del presidente del Consiglio con Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani. Tanto che i loro nomi hanno iniziato a prendere quota nel “borsino” del Colle.
Il nome del brizzolato Casini (bolognese doc del 1955) circola, in realtà, da tempo, sponsorizzato dal Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e da una buon parte di Forza Italia. Un candidato di centrodestra, certo, ma che potrebbe raccogliere consensi un po’ ovunque. L’imperituro centrista, in lunghi anni di militanza, è riuscito, infatti, a intrecciare rapporti cordiali con molti protagonisti della politica nostrana, oltre che a cementare un legame fortissimo con gli ambienti vaticani. E per quanto appaia improbabile che i grandi elettori di Sel e, ancora meno, quelli del M5S e della Lega possano indicarlo come futuro capo dello Stato, è pur vero che agli alfaniani e ai forzisti si unirebbero (ovviamente) i centristi di Udc e Scelta Civica e, con ogni probabilità, anche qualche nostalgico dello scudo-crociato nascosto nelle fila del Pd. L’ex “delfino” di Berlusconi – entrato in Parlamento, per la prima volta, nel 1983 e diventato presidente della Camera nel 2001 – potrebbe, insomma, sparigliare le carte e riconquistare la “gloria” perduta, dall’alto del Quirinale.
Ma il nome che non ti aspetti è quello di Pier Luigi Bersani, entrato da ieri ufficiosamente nella “rosa” dei “quirinabili”. Il 63enne di Bettola (provincia di Piacenza) ha mosso i primi passi politici nel Pci e nel 1993 è stato eletto presidente della Regione Emilia Romagna. Gli incarichi istituzionali non gli sono mai mancati (è stato ministro dell’Industria e del Commercio, dei Trasporti e dello Sviluppo economico) e, nel 2009, è stato eletto segretario del Pd. Ma è dal 2012 che la storia politica (e personale) di Bersani inizia a complicarsi. Dopo aver vinto le primarie del centrosinistra e aver incassato consensi non proprio oceanici nelle elezioni del 2013, a lui viene affidato l’incarico di avviare le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Le cose vanno male, le “esplorazioni” del segretario democratico si risolvono in un nulla di fatto e danno il via a una fase politica quanto mai caotica che, come è ormai noto a tutti, si conclude con la rielezione di Giorgio Napolitano al Colle e le dimissioni di Bersani dalla segreteria del partito. Le sue idee sono spesso in contrasto con quelle di Matteo Renzi e tanto potrebbe bastare a far considerare improbabile la sua candidatura al Quirinale, ma a Bersani viene riconosciuta (anche dagli avversari più convinti come Silvio Berlusconi) una lealtà di fondo che potrebbe rendere il suo profilo compatibile con l’identikit del futuro capo dello Stato.