Confcommercio: si spende più per i servizi che per i beni. Ma nessuno rinuncia al suo telefonino

Telefonino

 

La crisi, si sa, ha modificato le abitudini di acquisto degli italiani che, secondo l’ultima indagine condotta dall’ufficio studi di Confcommercio, hanno operato scelte ben precise, preferendo mettere mano al portafoglio per comprare un telefonino nuovo anziché un capo di abbigliamento.

Dati alla mano, tra il 1995 e il 2013, la spesa per i servizi in Italia ha raggiunto il 52,3%, distaccando quella per i beni che si è fermata al 47,7%. E a salire sono stati soprattutto i cosiddetti consumi “outdoor” (fuori casa) come i viaggi e le vacanze, i pasti consumati in ristoranti o altre strutture, le attività svolte nel tempo libero, passati dal 15,3% del 1995 al circa 18% del 2013. “Si tratta di una crescita che riflette le trasformazioni sociali e la maggiore propensione delle famiglie a viaggiare e partecipare a eventi culturali – hanno spiegato i tecnici di Confcommercio – ma che tuttavia resta al di sotto di quella che si è avuta in altri Paesi in cui la crisi dei redditi non è stata forte come in Italia”.

Andando più nel dettaglio: stando ai dati dell’indagine, nel periodo preso in esame, la spesa per i pasti in generale è aumentata dell’1,8%, quella per il tempo libero dell’1,5% e quella per la mobilità e la comunicazione dello 0,6%. E se nel corso degli ultimi due decenni, i nostri connazionali hanno acquistato meno autovetture, non hanno invece fatto economia su servizi e beni per la comunicazione. Tanto che Confcommercio è arrivata a commentare: “Gli italiani possono rinunciare a un pasto strutturato o addirittura rinunciarvi completamente, ma non possono vivere oltre 60 minuti senza controllare il proprio cellulare”. 

In calo, invece, la spesa per l’abitazione (-0,4%) e quella per la cura della persona (-0,6%), con l’abbigliamento andato giù dell’1,4%. Analizzando i dati per macro-aree, lo studio ha, infine, rilevato che, tra il 1995 e il 2013, a crescere di più è stata la spesa per i servizi ricreativi e culturali, per i servizi telefonici, telegrafi e telefax e per le consumazioni nei bar e nei ristoranti (+1,1%), mentre a far registrare la performance peggiore sono stati i combustibili e i lubrificanti (i cui consumi sono calati dell’1,2%).

Ma a ben guardare, secondo l’ufficio studi di Confcommercio, non è stata la crisi a condizionare gli acquisti degli italiani. “E’ l’inerzia a determinare i cambiamenti nella struttura dei consumi – hanno tagliato corto i tecnici – Sono le abitudini, le tradizioni e le preferenze radicate, e non la volubilità, a costituire i driver della spesa”. Come dire che uno “smartphone addicted”, anche in tempi di grande ristrettezza economica, non rinuncerà mai a comperare l’ultimo modello in commercio.