Oltre 25 miliardi di euro: è questa la cifra a cui, stando ai calcoli dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, le Regioni e gli enti locali hanno dovuto rinunciare nell’arco degli ultimi 5 anni.
Dal 2011 al 2015, infatti, la crisi che ha imposto un’ineludibile revisione dei capitoli di spesa ha spinto lo Stato centrale a razionalizzare i trasferimenti ai territori, con conseguenze più che prevedibili sui costi dei servizi ai cittadini.
“Si tratta di una cifra imponente – ha commentato il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – che, in buona parte, governatori e sindaci hanno controbilanciato aumentando le tasse locali e tagliando i servizi alla cittadinanza. La politica nazionale, di fatto, ha congegnato un ‘delitto perfetto’ – ha rincarato Bortolussi – Grazie a questi tagli, lo Stato centrale si è dimostrato sobrio e virtuoso, scaricando il problema sugli amministratori locali che, ‘obtorto collo’, hanno agito sulla leva fiscale. Morale: la minor spesa pubblica a livello centrale – ha puntualizzato il segretario della Cgia – è stata pagata, in gran parte, dai cittadini e dalle attività produttive che hanno subito un fortissimo aumento delle tasse locali”.
Uno “scarica barile” che ha penalizzato soprattutto le regioni a statuto ordinario alle quali lo Stato ha fatto pervenire 9,752 miliardi di euro in meno negli ultimi 5 anni. Ma è andata male anche ai Comuni, che hanno subito una “sforbiciata” di 8,313 miliardi di euro, mentre le Provincie hanno messo in cassa 3,742 miliardi di euro in meno. I tagli meno pesanti hanno interessato, invece, le regioni a statuto speciale alle quali, tra il 2010 e il 2015, sono stati trasferiti 3,343 miliardi di euro in meno.
E le cose non sono certo orientate ad andare meglio, visto che la nuova Legge di Stabilità predispone ulteriori tagli alle Regioni. Agli 1,6 miliardi di euro in meno ereditati dal passato si aggiungeranno, infatti, i 4 miliardi di euro in meno contemplati dal nuovo provvedimento. Una nuova “stretta” che si tradurrà in nuovi indesiderati aumenti per i cittadini.