Dipendenti svedesi “chippati” come animali domestici: eccesso di zelo o violazione della privacy?

Il badge ideil microchip-593x443ntificativo, utilizzato dai lavoratori per entrare nel luogo di lavoro, è ormai superato.

Le nuove frontiere dell’innovazione annunciano, al posto del classico cartellino di riconoscimento, l’uso di microchip installati nel corpo umano per identificare i dipendenti che ogni giorno si recano a lavoro.

L’idea è venuta ai dirigenti dell’Epicenter, un’azienda svedese di Stoccolma che lavora nel settore dell’high-tech, che si sono spinti oltre l’inverosimile innestando sottopelle ai propri dipendenti dei microchip che ne permettono l’identificazione una volta entrati in ufficio.

Il trasmettitore per l’identificazione a radiofrequenza (RFID), che ha le dimensioni di un chicco di riso, viene inoculato nella mano mediante una siringa, tra il pollice e l’indice.

È sufficiente lambire con l’arto i lettori che le porte si aprono immediatamente.

È stato il reporter della Bbc, Rory Cellan-Jones, a diffondere la notizia per primo e recarsi sul posto per indagare sul funzionamento del microscopico dispositivo.

In azienda al giornalista è stato rivelato anche che, in un futuro non troppo remoto, il chip potrebbe essere impiegato persino per pagare il caffè, utilizzare la macchina fotocopiatrice aziendale o chiamare l’ascensore.

La pratica in realtà è risultata piuttosto discutibile, perché genera la sensazione di essere trattati alla stregua di un animale domestico.

Inoltre essere “chippati” comporta dei rischi in termini di violazione della privacy e non solo.

Questi meccanismi consentono la lettura a distanza pertanto, secondo gli esperti i “portatori”, essendo sottoposti a costante sorveglianza, potrebbero sviluppare ansia e persino l’angoscia di diventare oggetto di cospirazioni ai loro danni.