Sono cifre a dir poco sconfortanti quelle rese note dall’Ufficio Studi Confartigianato. Secondo i dati forniti dalla Commissione europea, infatti, nell’anno in corso, gli italiani stanno pagando 29 miliardi di tasse in più rispetto alla media europea. O se si preferisce: ogni singolo italiano sta versando al Fisco 476 euro in più di quanto non facciano, in media, i contribuenti europei.
E che il nostro sia un popolo di irrimediabili “tartassati” lo conferma anche il fatto che il nostro è il Paese europeo in cui, negli ultimi 10 anni, la pressione fiscale è cresciuta di più (+4,2 punti di Pil). Senza considerare che siamo al settimo posto della classifica europea per livello della pressione fiscale (43,4% del Pil nel 2015). Per colpa, soprattutto, dell’Imu e della Tasi il cui prelievo è arrivato a 24,9 miliardi di euro (il 153,5% in più rispetto all’Ici del 2001). Come dire che ogni famiglia italiana ha dovuto sborsare 616 euro l’anno in più per le tasse sulla casa.
E ad uscirne con le ossa rotte sono gli imprenditori che per gli immobili produttivi versano 7,2 miliardi di Imu ai quali devono aggiungersi altri 1,4 miliardi di imposte tra Ires, Irpef e addizionali Irap. Un vero e proprio salasso.
Ma l’ufficio studi di Confartigianato ha marcato l’accento anche su un altro aspetto, ovvero sulla tendenza tutta italiana a rendere il Fisco sempre più complicato. Numeri alla mano, infatti, tra il 2008 e il 2014, sono state approvate 752 norme fiscali, 468 delle quali hanno introdotto nuovi adempimenti per le imprese. E non si pensi che si tratti di norme “amiche”. Anzi: per una norma fiscale che semplifica la vita del contribuente, se ne contano 4,7 che, invece, la complicano. La conseguenza? Il nostro Paese viene percepito come poco attrattivo dal punto di vista imprenditoriale. Tanto che, nella classifica “Doing Business 2014” che misura la facilità di fare impresa, ci posizioniamo molto male a livello europeo (23esimi su 28).