Sulla vertenza Whirpool c’è un tavolo aperto al ministero dello Sviluppo economico sul quale Maurizio Landini non sembra farsi troppe illusioni. Il segretario della Fiom – che ha raggiunto ieri i lavoratori della fabbrica di Fabriano dove il gruppo americano prevede di chiudere il sito di Albacina per trasferire le produzioni a Melano – non ha, infatti, usato giri di parole: “Spetta al sindacato entrare nel merito del piano di ristrutturazione – ha detto – Non ho nulla contro il Governo, ma non sempre il Governo fa quello che tu pensi sia giusto fare”.
E per tendere un’ancora ai lavoratori che (da Carinaro a None) rischiano di perdere il posto di lavoro, occorre ripartire, secondo il sindacalista, da ciò che la Whirpool ha messo sul tavolo. “Non banalizzo il piano – ha spiegato Landini – perché quando un’azienda ti dice che porta oltre 500 milioni di investimenti e che farà rientrare delle produzioni dall’estero, mentre altre produzioni andranno via, debbo vedere il piano complessivo”. “Non possiamo permetterci di far saltare gli investimenti“, ha chiosato il numero uno della Fiom, che ha, però, anche inoltrato un “rimbrotto” al colosso americano: “Non può dire investo qui e licenzio dall’altra parte”.
La posizione di Landini – che risulta sostanzialmente conciliante (o per lo meno disponibile al dialogo) – rischia però di rimanere isolata. Se il leader della Fiom non ha, infatti, espresso alcun dubbio sull’opportunità di presenziare all’incontro che la Whirpool ha convocato a Firenze per il prossimo 28 maggio per discutere coi sindacati dei contenuti del piano di ristrutturazione, le altre organizzazioni non la pensano allo stesso modo. Più che scettico si è mostrato, ad esempio, Tiziano Franceschetti della Fim Cisl: “Ci sono voluti mesi per scrivere quel piano industriale – ha osservato – e non lo puoi certo stravolgere in pochi giorni. La verità è che a quelle condizioni, cioè tagliando un terzo della forza lavoro del gruppo, quel piano è inaccettabile. Presentarsi a Firenze è come dire che si può entrare nel merito. E di cosa dovremmo discutere di fronte alla proposta di oltre duemila licenziamenti? Riteniamo che la sede giusta sia il ministero e che il Governo debba dare delle garanzie“.