Le aziende agricole svizzere, in particolare del Canton Ticino, sono alla ricerca di personale da adibire alla mansione di agricoltore.
Le fattorie sarebbero disposte ad assumere anche rifugiati, garantendo loro un salario minimo legale di 2300 franchi (pari a circa 2200 Euro), per il primo mese e 3200 franchi (circa 3200 Euro), a partire dal secondo.
La richiesta nasce dalla mancanza di manodopera: gli abitanti del cantone non vogliono lavorare nei campi, poiché sarebbe un lavoro troppo pesante e meno remunerativo rispetto ad altri tipi di impiego.
Di conseguenza le aziende elvetiche – che sino ad ora sono state obbligate ad assumere immigrati giunti dalla Polonia o dal Portogallo, supplendo parzialmente a tale mancanza -, attraverso l’associazione di categoria, l’Unione Svizzera dei Contadini e con l’intervento della Segretariato di Stato, hanno ideato un progetto pilota intrapreso da dieci aziende agricole, le quali hanno assunto i rifugiati integrandoli nella Confederazione, sgravando in questo modo gli enti locali dei costi per il loro sostentamento.
La proposta non ha allettato i lavoratori frontalieri: dai dati rilevati nel 2013 è emerso che in tutta la Svizzera i frontalieri impiegati nei lavori agricoli sono poco meno di 2000, rispetto ai 70mila lavoratori provenienti da altri Paesi, ovvero circa 300mila in tutto il territorio elvetico.