Il Consiglio europeo convocato ieri a Bruxelles per decidere sull’etichettatura “Made in” dei prodotti non ha sortito alcun risultato. La “fumata nera” ha messo in stand by i negoziati tra i 28 Paesi che non riescono a trovare un accordo né sull’opportunità di certificare l’origine delle merci né su ulteriori misure di sicurezza poste al centro della discussione.
“Da un lato l’Europa vuole crescita, occupazione, industria – ha commentato il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda – ma poi, quando si trova a decidere, non riesce a prendere decisioni di puro buon senso. Bisogna smettere di raccontarsi balle sul fatto che si vuole crescita e occupazione. Si dica chiaramente che si tutelano gli interessi dei grandi importatori“.
E a sollecitare una soluzione condivisa è stato anche il presidente di Confartigianato, che ha chiesto al nostro governo di fare di più. “L’Italia – ha detto Giorgio Merletti – non deve rinunciare a difendere l’origine dei propri prodotti e a valorizzare il patrimonio manifatturiero rappresentato da 596.230 imprese con 16.274.335 addetti, di cui il 58% in micro e piccole imprese fino a 20 addetti. Le imprese artigiane manifatturiere – ha continuato Merletti – sono 326.226 e danno lavoro a 974.987 persone. Con questi numeri, se non è l’Italia a tutelare l’identità delle produzioni, quale altro Paese europeo è più interessato?”.