Istat: il numero dei poveri non cresce, ma resta alto

Poveri

 

In un Paese come il nostro, che ha dimenticato cosa voglia dire crescere, può accadere che i dati diffusi ieri dall’Istat, relativi alla povertà, vengano accolti come una buona notizia. Nonostante l’istituto nazionale di statistica si sia limitato a certificare il non aumento del numero dei poveri che vivono in Italia. Che, sia detto da subito, resta alto e coinvolge 4 milioni e 102 persone (il 6,8% del totale residente) o, se si preferisce, 1 milione e 470 mila famiglie (pari al 5,7% del totale).

I dati, relativi al 2014, documentano, però, una stabilizzazione del numero degli indigenti che, dopo due anni di aumenti, si è fermato. E tanto, come già accennato, è bastato ai più ottimisti per vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma andiamo alle cifre: secondo l’Istat, la povertà assoluta è rimasta sostanzialmente stabile (rispetto all’anno precedente) anche sul territorio attestandosi al 4,2% al Nord, al 4,8% al Centro e all’8,6% nel Mezzogiorno, che resta, dunque, la zona più “sensibile”.

Ma può fare la differenza vivere in un piccolo centro o in una grande città. I poveri dei piccoli Comuni del Mezzogiorno (pari al 9,2% del totale residente) sono, ad esempio, quasi il doppio di quelli che vivono nelle aree metropolitane (5,8%). Mentre al contrario, al Nord, la quota dei poveri residenti nei grandi o piccoli centri (rispettivamente pari al 3,2 e al 3,9%) è decisamente più bassa di quella rilevata nelle aree metropolitane (7,4%).

La scrupolosa ricognizione dell’Istat ha, inoltre, rilevato che, rispetto all’anno precedente, nel 2014, è migliorata la situazione delle coppie con figli (tra quelle che ne hanno due, l’incidenza di povertà assoluta è passata dall’8,6 al 5,9%), delle famiglie con a capo una persona di età compresa tra i 45 e i 54 anni (dove il tasso di povertà assoluta è sceso dal 7,4 al 6%) e anche delle famiglie con a capo una persona in cerca di lavoro (dal 23,7 al 16,2%) dove è accaduto che a trovare un impiego sia stato un altro membro della famiglia.

Ancora: l’incidenza di povertà assoluta risulta più alta nelle famiglie con stranieri. Più nel dettaglio: se i nuclei composti da soli italiani hanno fatto registrare un tasso di povertà pari al 4,3% (in calo rispetto al 5,1% del 2013), quelli misti (ossia composti da un italiano e uno straniero), nel 12,9% dei casi, vivono in condizioni di estrema indigenza. E va ancora peggio alle famiglie di soli stranieri il cui tasso di povertà assoluta ha raggiunto il 23,4%. Di più: al Nord e al Centro, la povertà tra le famiglie di stranieri è di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani, mentre al Sud è all’incirca tripla.

Ma esiste un “antidoto” al rischio povertà? Volendo forzare il ragionamento, potremmo dire che la formazione può aiutare a mettersi al riparo. L’indagine dell’Istat ha, infatti, dimostrato che l’incidenza è più pesante per chi ha una licenza elementare (8,4%) e più contenuta per chi è diplomato (3,2%). Infine: solo il 2% delle famiglie con a capo un imprenditore, un dirigente o un libero professionista è povero, mentre vive in estreme ristrettezze il 4,4% delle famiglie con ritirati dal lavoro. E le percentuali si fanno ancora più alte nelle famiglie di operai (il 9,7% delle quali è povero) e in quelle che hanno a capo una persona che cerca lavoro (16,2%).