La politica, si sa, è un gioco di equilibri precari. E neanche il Pd renziano, che ha da poco messo in cassa la riforma costituzionale che “rifarà il trucco” al Senato, può permettersi di adagiarsi troppo. A insidiarlo ci sono, infatti, sia gli alleati del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano che i soliti “malpancisti” democratici: i primi infastiditi dal tema delle unioni civili, i secondi insofferenti all’ultima Legge di Stabilità.
Partiamo con gli “alfaniani” che continuano a marcare la distanza su alcuni punti fondanti del ddl Cirinnà. Il testo sulle unioni civili presenta delle misure che, a parere del ministro Alfano (e dei suoi sodali), sono irricevibili come la stepchild adoption ovvero la possibilità, per un omosessuale, di adottare il figlio del proprio partner. Una misura che, se venisse approvata, potrebbe spianare la strada alle adozioni nelle coppie gay che Alfano continua a considerare il “male assoluto” perché “ogni bambino – è tornato a ribadire – ha diritto ad avere una mamma e un papà”. E c’è di più: nei giorni scorsi, il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, aveva liquidato, con una certa facilità, gli alleati dichiarando che, nel caso in cui Ncd non avesse sostenuto il governo sulle unioni civili, il Pd avrebbe cercato e trovato soccorso altrove. Un’uscita che pare abbia fatto rabbuiare ulteriormente Angelino Alfano. Ma solo per poco tempo perché, quando la solita Boschi ha annunciato che sul tema delle unioni civili è probabile che si proceda secondo libertà di coscienza, il leader degli ex forzisti è tornato a gongolare. Il “liberi tutti” annunciato dalla Boschi determinerà, secondo lui, l’ingrossarsi della schiera dei parlamentari restii ad approvare il ddl così com’è. Grazie anche alla concessione del voto segreto su cui anche i democratici sembrano essere d’accordo.
Un accordo che pare mancare proprio all’interno del Pd. Dove la minoranza è tornata a battere i piedi per terra lamentandosi di alcune misure inserite nell’ultima Finanziaria. A farsi portavoce di questo malcontento è stato l’ex segretario, Pierluigi Bersani, che ha prima puntato l’indice contro l’innalzamento dai mille ai 3 mila euro dell’uso del contante consentito. E ha poi rincarato la dose sostenendo che l’abolizione indiscriminata dall’Imu sulla prima casa degli italiani va contro la Costituzione. “Dire che, a parità di welfare, abbassare le tasse è buono e giusto è come dire viva la mamma – ha risposto piccato su facebook Bersani a Renzi – Nessuno può obiettare. Ma abbassarle prima di tutti a chi? E come? E per che cosa? Spero sia ancora possibile discuterne. Aggiungo: che cosa vogliamo fare dell’articolo 53 della Costituzione, che parla di progressività? Le norme sulla casa introducono per via di fatto un 53 bis: chi ha di più paga di meno”.