Il 25 Novembre viene ricordato come la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ma in pochi sanno che la data rievoca innanzitutto l’efferato assassinio delle sorelle Mirabal, trucidade a Ojo de Agua, nella Repubblica Dominicana, il 25 Novembre 1960.
Negli anni della dittatura trujillista Patria, Minerva e María Teresa Mirabal – tacciate di essere delle dissidenti, poiché avevano deciso di impegnarsi nella lotta verso la libertà e il rispetto dei diritti delle donne domenicane -, vennero torturate e poi strangolate, e i loro corpi gettati in un dirupo, a simulare una disgrazia automobilistica.
Dopo aver individuato la matrice delle violenze sulle donne nella disuguaglianza dei rapporti tra gli uomini e queste ultime, La Giornata contro l’eliminazione della violenza sulle donne, fu istituita con una risoluzione dell’Onu il 17 dicembre 1999.
Ancora oggi nel mondo milioni di donne sono vittime di aggressioni, abusi, assassinii, spesso in ambito domestico – due terzi delle vittime degli omicidi in ambito familiare sono donne -, e tuttavia solo 119 Paesi hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 125 sul ‘sexual harrassment‘ (le molestie a sfondo sessuale).
Dall’inizio dell’anno nel nostro Paese sono state migliaia le donne abusate – tre su dieci -, a denunciare maltrattamenti. Ma resta ancora elevato il numero di quelle che subiscono senza denunciare temendo ritorsioni.
I dati Istat di Giugno 2015 dicono che in Italia 6,788 milioni di donne, tra i 16 e i 70 anni, hanno subìto violenze fisiche, sessuali o psicologiche nel corso della loro vita e che il numero è in crescita.
In tutta la Nazione, da Nord a Sud, si assiste a un costante aumento dei casi di violenza domestica – che spesso sfociano in ‘femminicidio‘ -, con l’unica differenza che “al centro-nord ci sono più organizzazioni di aiuto rispetto al sud, dove sopravvive la cultura della ritrosia ad ammettere che si subisce violenza, per paura e soprattutto per vergogna”.
Ma “A disposizione di tutte coloro che vogliono rompere la catena del silenzio” – dice Gabriella Moscatelli – esiste in Italia il “Telefono Rosa” che fornisce assistenza psicologica e legale alle donne che hanno paura di denunciare agli organi competenti dell’autorità giudiziaria.
“Solo nel 2015, dal 1 gennaio al 3 Ottobre – aggiunge la presidente dell’assoziazione -, 1100 donne tra i 18 e i 75 anni, si sono rivolte al Telefono Rosa”.
Esistono inoltre i cosiddetti Centri Antiviolenza, strutture che offrono accoglienza e protezione alle donne impiegando fondi stanziati dal governo.
“Un punto di partenza da parte dello Stato per cercare di arginare questo problema” – evidenzia Moscatelli – “potrebbe essere quello di educare al rispetto per la persona introducendo già dalla scuola primaria la giusta conoscenza sulla prevenzione alla violenza”.
Molte donne infatti ritengono erroneamente che le violenze domestiche non possano essere denunciate.
“Oggi c’è una maggiore presa di coscienza femminile, ma molta violenza si agita nel sommerso, non segnalata per paura o scarsa consapevolezza – spiega la presidente dell’Associazione Genere Femminile Cotrina Madaghiele – la violenza domestica è molto più diffusa di quanto si pensi. Resta nella sfera privata in gran parte invisibile e sottodenunciata“.
Pertanto, conclude Madaghiele “è necessario innanzitutto promuovere nei programmi scolastici l’educazione alle relazioni non discriminatorie e il rispetto delle differenze di genere“, proprio come contempla la Legge n. 107 Luglio 2015, con la quale è stata introdotta la previsione dell’educazione alla parità tra i sessi nelle scuole di ogni ordine e grado.