La speranza del governo Renzi di chiudere la “pratica Rai” è sfumata ieri quando per due volte, nell’Aula del Senato, è venuto a mancare il numero legale necessario ad autorizzare la votazione finale sulla riforma. Per questo, dopo aver convocato una riunione con tutti i capigruppo parlamentari, il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha deciso di rimandare alla prossima settimana il voto. Con buona pace del premier che, per “tamponare” le assenze dei senatori alleati – a farsi notare sono stati soprattutto gli scranni vuoti dei verdiniani e degli alfaniani – aveva chiesto ad alcuni membri del governo, come il ministro della Difesa Roberta Pinotti e il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, di precipitarsi in Aula.
Ma non è bastato. I più maliziosi dicono che a far mancare il numero legale sia stata la smania di molti senatori di anticipare il week end pre-natalizio. Sia come sia, il sentore è che l’approvazione della riforma Rai arriverà solo dopo quella della Legge di Stabilità. Anche perché il senatore di Forza Italia, Antonio D’Alì, ha proposto di rimandare a dopo la pausa natalizia il voto. La richiesta è stata per ora lasciata in stand by dal presidente del Senato che martedì prossimo chiederà all’emiciclo di esprimersi su questo eventuale ulteriore slittamento. Il nulla di fatto di ieri ha spinto le opposizioni a consegnare dichiarazioni più o meno puntute: “Non osiamo immaginare la rabbia del premier – ha detto il senatore del M5S, Alberto Airola – che, per colpa della smania dei suoi parlamentari di andarsene a casa, vede rimandare alla prossima settimana la riforma che gli permetterà di controllare, in maniera totale e definitiva, la Rai e ciò che è rimasto dell’informazione pubblica”. Piccato anche il commento di Maurizio Gasparri di Forza Italia: “Dove sono quelli che denunciavano i bavagli e mettevano le pecette gialle? – ha detto – Ora avremo il leopoldino che potrà fare quello che gli pare. Siamo in un momento di emergenza democratica“.
Tra le novità della riforma che fanno storcere il naso alle opposizioni, l’introduzione della figura dell’amministratore delegato che verrà indicato dal Governo. Una misura che – secondo i detrattori del premier – suggellerà il pieno controllo dell’Esecutivo sulla Rai (dalla messa a punto dei palinsesti alle nomine dei direttori di rete). Accuse a cui i membri del governo hanno tentato di controbattere affermando che l’introduzione della figura del presidente di garanzia e la riorganizzazione del Cda (che sarà composto da 7 membri e non più da 9) segneranno un passo avanti rispetto all’attuale governance della Rai. Sarà veramente così?