Continuano le incoerenze e le contraddizioni sul fronte egiziano: dopo aver diramato la notizia secondo la quale il nostro Giulio Regeni sarebbe stato ucciso da una groppo di cinque banditi (a loro volta uccisi dalla polizia: l’ideale per non poter effettuare alcun tipo di verifica), il viceministro aggiunto dell’Interno Abou Bakr Abdel Karim – secondo il sito del quotidiano Al Masry Al Youm – avrebbe smentito la circostanza secondo cui i colpevoli dell’omicidio del ricercatore italiano sarebbero stati trovati.
“La ricerca delle persone coinvolte nella sua uccisione è ancora in corso”, avrebbe quindi aggiunto: un segnale che il Governo egiziano continua, nonostante il comunicato del 24 marzo del ministero dell’Interno (in cui si affermava che la banda di rapinatori “era dietro all’uccisione dell’italiano” e portava come prova il ritrovamento dei beni personali di Giulio).
Le dichiarazioni del viceministro si allineano alle parole del ministro degli esteri egiziano, Sameh Shoukri, intervistato a Washington, in cui aveva contestualizzato l’assassinio di Regeni come “un atto isolato” (per evitare soprattutto che da questo caso possano partire le rivendicazioni dei familiari delle vittime di altri casi analoghi), speficiando poi “la determinazione e l’impegno totale del governo egiziano e degli apparati di sicurezza a continuare gli sforzi per scoprire la verità e arrestare gli aggressori”.
Nonostante le parole di facciata, l’incontro previsto per martedì 5 aprile tra gli investigatori egiziani e il procuratore Pignatone (volto alla consegna del dossier prodotto dagli egiziani) non è stato confermato. E la verità è sempre ben distante.