A poche ore dalla morte di Gianroberto Casaleggio, mentre il Movimento si stringe attorno alla dipartita del suo padre fondatore, resta una grande incognita sancita dal vuoto di potere che il guru dei Cinque Stelle lascia vacante.

All’analisi attuale paiono almeno 4 i filoni fondamentali entro cui il Movimento appare diviso. C’è quello del figlio Davide, che dal 2009 affiancava il papà Gianroberto e che ha compiuto un rapido balzo ai vertici essendo coinvolto nelle decisioni più delicate degli ultimi due anni. Lui, e la sua cerchia di fedelissimi, rappresenta il core del movimento, la concentrazione delle informazioni fondamentali dei 5 Stelle nelle mani di un’elitè, il che è essenza stessa del potere: chiavi dei server, password, sistemi di votazione sulle piattaforme. Tutto ciò esprime l’aspetto più alto e secretato dei vertici di cui un’organizzazione politica bene o male ha bisogno.
Ci sono poi 3 altre branche esterne, parallele, che potrebbero adesso tornare a farsi sentire prepotentemente. Sono quelle che si condensano attorno a degli uomini chiave, come sempre. Di Maio, ovviamente, è uno di questi uomini. Poi c’è Alessandro Di Battista, che si oppone all’ascesa di Di Maio, e l’ultima componente, quella degli scontenti, chiamata “asse del Nord”. Loro avevano tentato di cacciare Ilaria Loquenzi, responsabile della comunicazione alla Camera. Ma all’epoca c’era Casaleggio, e tutto era stato messo a tacere dal grande “samurai”, come si faceva chiamare il fondatore dei pente stellati. Adesso le fibrillazioni sono già tutte in moto. C’è chi propone un congresso organizzativo, un momento di confronto e di dibattito nel quale si discutano, e si redistribuiscano, ruoli ed obiettivi. E’ la quinta e ultima frangia del Movimento, quella che guarda al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, con crescente interesse. Uno scenario composito e dal potenziale imprevedibile. Come ha commentato ieri Dario Fo, in un intervento pubblicato da Repubblica, la scomparsa di Casaleggio “è una perdita gigantesca per il Movimento”, non si può neppure immaginare “quali conseguenze possano verificarsi”.
Giuseppe Caretta