Dopo avere riscontrato l’insorgenza dell’epatite B e del cancro al fegato sui malati epatite C trattati con i medicinali Daklinza, Exviera, Harvoni, Olysio, Sovaldi e Viekirax ( si tratta di antivirali ad azione diretta utilizzati per la cura di entrambe le forme di epatite B e C), l’EMA ( la massima autorità europea sui medicinali) ha deciso di aprire un inchiesta per scoprire se esiste una correlazione diretta tra la somministrazione di questi farmaci e lo sviluppo delle due malattie. Secondo quanto divulgato dall’EMA, questi medicinali agiscono sia sul virus dell’epatite C che su quello dell’epatite B, questo perché in molti pazienti i due virus si possono presentare contemporaneamente.
La revisione è stata resa necessaria dal riscontrarsi di una riattivazione del virus dell’epatite B in pazienti infettati con il virus dell’epatite B e C, trattati con degli antivirali ad azione diretta sull’epatite C: per questo s’intende che nei soggetti in cui la patologia si è ripresentata era stata diagnosticata l’inattività del virus dell’epatite B, ovvero che l’infezione era stata debellata. Inoltre, uno studio medico pubblicato ad aprile dimostra come nei pazienti trattati con antivirali ad azione diretta per l’epatite C ci sia un alto rischio di sviluppo di carcinoma epatocellulare, una patologia che è stata riscontrata in diversi soggetti trattati con questi medicinali. Lo studio suggerisce, anche, che il rischio di un cancro precoce è più probabile in soggetti trattati con antivirali che in quelli che non si sono sottoposti ad alcuna terapia.