Donald Trump, ormai si può dirlo, è in piena ed inarrestabile ascesa. La “colpa” è di New York, la sua New York (Trump è infatti originario del Queens), che ieri lo ha proclamato nuovo imperatore del Paese. L’appuntamento con la Grande Mela era diventato strategico per una serie di intricati risultati elettorali. Molto, s’era detto, avrebbe pesato il risultato che fosse venuto fuori dalle consultazioni newyorchesi. E il risultato, anche per lo stesso Partito Repubblicano, è stato una vera batosta.
Trump ha ottenuto più del 60% dei voti, umiliando letteralmente il suo principale avversario, Ted Cruz, che pure non era andato male nelle ultime elezioni in Colorado, aveva vinto nel Wisconsin, e si era accaparrato i delegati del Wyoming. Ma a New York, la democratica New York, l’ultimo argine all’ascesa del magnate tycoon s’è infranto. Un umile, irrisorio 15 per cento è quanto sia riuscito a portare a casa Cruz, meno di quanto non abbia preso il “terzo incomodo” John Kasich, che ha ottenuto il 24 per cento. Adesso la speranza per i vertici del Gop è che il multimilionario non raggiunga il quorum necessario di delegati (1.237) in modo che, alla conferenza di luglio, si possa puntare al compromesso. Ma non è detto che ciò avvenga, anzi, dopo i risultati di ieri “The Donald” pare davvero inarrestabile ed adesso, la sua candidatura alla Casa Bianca, sembra davvero qualcosa di verosimile.
Giuseppe Caretta