Candidati sindaco: da Meloni a Giachetti, bye bye Parlamento

Giachetti e MeloniL’impegno politico richiede tanto tempo. Lo sanno bene i cinque candidati sindaco che, da settimane, devono dividersi tra le sedute parlamentari e le incombenze della campagna elettorale. A tutto vantaggio di quest’ultima, visto che – come appurato da OpenPolis in un recente studio a riguardo – i cinque deputati che aspirano a guidare tre delle principali città italiane hanno scelto di disertare l’Aula di Montecitorio per dedicarsi alla loro corsa amministrativa. Di chi stiamo parlando? Di due donne: Giorgia Meloni e Valeria Valente. E di due uomini: Roberto Giachetti e Giorgio Airaudo, le cui presenze alla Camera risultano sempre più episodiche.

Entrando un po’ più nel dettaglio, il report di OpenPolis ha rilevato che a “fare peggio” sono state le donne. Giorgia Meloni, aspirante sindaco di Roma di Fratelli d’Italia, dal 16 marzo scorso (data in cui ha ufficializzato la sua candidatura), ha praticamente fatto perdere le tracce di sé a Montecitorio. Tant’è vero che sullo scranno si è seduta una sola volta collezionando il 99,87% delle assenze (i dati sono aggiornati al 18 aprile scorso). Mentre Valeria Valente, candidata sindaco di Napoli che ha battuto Antonio Bassolino alle primarie del Pd, si è fatta vedere in Aula soltanto due volte. Ma il suo tasso di assenza risulta comunque pari allo 0%. Perché? Perché la democratica – che è anche segretario dell’ufficio di presidenza e membro della commissione Difesa – si è assentata per partecipare a missioni il cui numero, dalla data della vittoria alle primarie, è incredibilmente cresciuto. Come dimostra il passaggio dalla percentuale del 28,85% (pre-candidatura) a quella del 99,73% (post-candidatura).

E gli uomini? Le loro assenze alla Camera sono state più basse, ma non per questo meno discutibili. Giorgio Airaudo, aspirante primo cittadino di Torino di Sinistra Italiana (ex Sel), ha disertato le votazioni nel 72,62% dei casi; mentre Roberto Giachetti, il democratico che sogna di salire al Campidoglio, non ha risposto all’appello (da quando ha ufficializzato la sua corsa alle amministrative capitoline) il 57,41% delle volte. A ridimensionare i “danni”, nel suo caso, è stata però la carica di vicepresidente della Camera che ricopre, che lo ha costretto a presenziare a un certo numero di sedute. Nonostante le sue momentanee attenzioni risultino maggiormente rivolte alla campagna elettorale di Roma.

I numeri snocciolati da OpenPolis hanno indotto gli estensori del report a domandarsi: “Nel rispetto dei propri elettori, non sarebbe più corretto portare a termine gli incarichi per cui si è eletti? La politica, a differenza di tante altre professioni, si basa su un rapporto di rappresentanza. Cercare di essere eletti altrove, con la possibilità di cessare anticipatamente il proprio mandato, vuol dire in qualche modo tradire la fiducia degli elettori”. “Ma c’è anche un’altra questione – hanno aggiunto gli analisti di OpenPolis – ed è l’attrattività politica del nostro Parlamento. Ormai svuotato dalle sue funzioni legislative, in molti preferiscono tornare alla politica locale, piuttosto che rimanere fra i banchi di Camera e Senato”.

Maria Saporito