I dati che – stando ai beninformati – sono finiti sulla scrivania del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non lo avrebbero lasciato indifferente. Sono quelli che riguardano la grande mole di processi che, in Italia, non giungono mai a conclusione, per via dei tempi di prescrizione. Negli ultimi 10 anni, se ne sono contati quasi 1 milione e mezzo di cui 132.296 solo nel 2014. In pratica: i tempi per celebrare un processo (che, lo ricordiamo, può contemplare tre gradi di giudizio) appaiono, sempre più spesso, insufficienti. Da qui la volontà del Governo di intervenire sull’allungamento dei termini di prescrizione che lascia, però, tiepidi (per usare un eufemismo) gli alleati di Ncd.
Il primo step sul “campo minato” della giustizia, il governo Renzi lo ha mosso nell’agosto del 2014 quando ha proposto di riformare la legge Cirielli che ridimensionava i tempi di prescrizione. L’idea è quella di aggiungere ai termini previsti dalla precedente normativa, altri tre anni di bonus: due in Appello e uno in Cassazione. Per essere più pratici: prendiamo il caso di un processo per corruzione (che è poi, sfortunatamente, uno dei più celebrati nei nostri tribunali), la legge Cirielli prevedeva che il pronunciamento dei giudici non potesse giungere oltre i 12 anni e mezzo (ovvero oltre i 10 anni della pena massima più i 2 anni e mezzo corrispondenti a un quarto della stessa pena massima), mentre la proposta del Governo Renzi, datata 2014, prevede che a questo lasso di tempo si aggiungano altri 3 anni. Per un totale di 15 anni e mezzo.
Ma c’è di più: la presidente della commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti, ha proposto di spingersi oltre con una formula che -a suo avviso – potrebbe realmente scongiurare il rischio che molti processi in Italia decadano senza arrivare a una decisione ultima. L’idea della Ferranti, che riguarda specificamente i reati di corruzione, prevede che alla pena massima si aggiunga metà dei termini (e non più un quarto) e che ai tre anni di “bonus” previsti per l’Appello e la Cassazione possano sommarsi altri tre anni, nel caso in cui vengano riscontrati atti interruttivi. Riprendendo l’esempio fatto sopra: la “ricetta” di Donatella Ferranti prevede che un processo di corruzione possa essere celebrato entro un tempo massimo di 21 anni. Un periodo ben più ampio rispetto ai 12 anni e mezzo contemplati dalla legge Cirielli.
Ma è bene precisare che si tratta di proposte che non hanno ancora trovato il conforto dei voti in Parlamento. La misura che punta ad allungare i tempi di prescrizione dovrà, infatti, essere inserita nel ddl di riforma penale attualmente in discussione in commissione Giustizia al Senato. La strada appare, insomma, tutt’altro che spianata, anche perché a tradire scarso entusiasmo per la proposta sono gli “alfaniani”. Come finirà? Si racconta che al premier Renzi interessi “portare a casa” un risultato importante sul tema della giustizia, prima delle elezioni amministrative del 5 giugno. E abbia, per questo, chiesto ai suoi collaboratori di impegnarsi alacremente affinché si centri l’obiettivo. Ma il “fuoco amico” di Ncd che – lo ripetiamo – non guarda di buon’occhio la possibilità che i tempi di prescrizione si allunghino così tanto potrebbe creare qualche problema. Per quanto c’è chi sostiene che, in sede di votazione in Aula, potrebbero intervenire in aiuto del Governo il M5S e Sinistra Italiana che, da sempre, rivendicano la necessità di fare qualcosa, per evitare che così tanti procedimenti vadano “al macero”.
Maria Saporito